Audizione sul disegno di legge di bilancio 2017

 

Il Presidente Giuseppe Pisauro è stato ascoltato oggi in audizione dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato nell’ambito dell’esame preliminare della manovra economica per il triennio 2017-2019.

 

Nel suo intervento il presidente Pisauro ha svolto un’approfondita analisi del contenuto della manovra, illustrando le valutazioni dell’UPB sugli interventi in essa contenuti e sulla coerenza degli obiettivi di finanza pubblica alle regole di bilancio.

 

Le informazioni congiunturali più recenti indicano, per il 2016, il proseguimento della ripresa su ritmi irregolari, ma nel complesso modesti (+0,2% nel terzo trimestre e +0,1% nel quarto, secondo le stime UPB). La chiusura in frenata del 2016 darebbe luogo a un trascinamento congiunturale sul prossimo anno solo lievemente positivo (0,2 per cento): il raggiungimento dell’obiettivo di crescita dell’1% nel 2017 richiederebbe quindi un profilo di ripresa trimestrale mediamente più intenso (e più continuo) rispetto a quello sperimentato nel 2016. Sulle prospettive per il prossimo anno pesano inoltre fattori di rischio soprattutto di origine internazionale, in primo luogo l’incertezza sulla dinamica del commercio mondiale.

 

Nel DPB il Governo ha rivisto il quadro programmatico di finanza pubblica della NADEF innalzando il disavanzo 2017 dal 2 al 2,3 per cento del PIL, tre quarti del margine aggiuntivo richiesto nella Relazione allegata alla Nota e autorizzato dal Parlamento.

 

La legge di bilancio e il decreto fiscale si caratterizzano per la presenza di alcuni interventi di ampia portata (in particolare a sostegno degli investimenti privati) e molte misure frammentarie destinate a finalità diverse difficilmente riferibili a un disegno organico di politica economica. Rispetto all’andamento tendenziale della finanza pubblica, le misure contenute nei due provvedimenti producono un maggiore indebitamento per 0,7 punti di prodotto nel 2017, 0,4 punti nel 2018 e 0,2 punti nel 2019.

 

Per il 2017, tuttavia, l’intervento di gran lunga preponderante risulta essere la disattivazione delle clausole di salvaguardia (aumento delle aliquote IVA e delle accise) che vale lo 0,9 per cento del prodotto , cioè 15,4 miliardi. Nel loro insieme, le altre misure hanno un effetto restrittivo, implicando una riduzione dell’indebitamento valutata in 0,2 punti di PIL.

 

Il quadro dei due anni successivi risente del mantenimento della disposizione di aumento delle aliquote IVA, nel 2018, e dalla previsione di un ulteriore  aumento di 0,9 punti dell’aliquota base, nel 2019. Nell’insieme, queste misure dovrebbero dare un gettito di 19,6 miliardi nel 2018 e di 23,3 miliardi nel 2019, corrispondenti rispettivamente al 1,1 e all’1,3 per cento del PIL.

 

Nel complesso, l’effetto sull’equilibrio dei conti non è privo di rischi. Non tanto per l’incremento delle spese in conto capitale in disavanzo, dato il carattere non permanente di queste spese e gli effetti che esse potranno avere sulla crescita economica, quanto per l’assunzione di impegni permanenti dal lato delle spese correnti (in particolare per le pensioni e il pubblico impiego) compensati solo in parte da entrate permanenti e certe. In particolare, il mantenimento della clausola di aumento dell’IVA e, anzi, il suo rafforzamento nel 2019 con la finalità di garantire la tenuta dei conti rendono difficile identificare gli obiettivi della programmazione di bilancio di medio termine. Per il secondo anno consecutivo, l’intervento più rilevante  della manovra di finanza pubblica è l’annullamento dell’aumento delle aliquote IVA per l’anno successivo. Nell’ipotesi vi sia l’intenzione di disattivare la clausola anche negli anni seguenti, lo stesso scenario sembra destinato a riproporsi nei futuri progetti di bilancio.

 

La prima applicazione del nuovo formato della legge di bilancio consente un quadro più compatto e leggibile delle decisioni di entrata e di spesa adottate con il complesso della manovra di bilancio ma necessita di un miglioramento del corredo informativo messo a disposizione del decisore politico.

 

Più in dettaglio alcuni profili di criticità della manovra:

  • le misure con effetti sostanzialmente una tantum (dall’estinzione agevolata dei debiti fiscali 2000-2015 all’accelerazione delle liquidazioni IVA, alla riapertura dei termini della voluntary disclosure, all’asta per i diritti d’uso delle frequenze) costituiscono circa metà delle maggiori entrate nette (complessivamente 6,3 miliardi nel 2017);
  • la quantificazione del gettito della voluntary disclosure-bis rischia di essere sovrastimata, tenuto conto che i criteri di adesione risultano sostanzialmente invariati rispetto alla prima edizione del provvedimento, mentre dalla sanatoria sono esclusi i soggetti che ne hanno già usufruito;
  • l’introduzione delle comunicazioni trimestrali dei dati analitici da parte dei soggetti IVA va nella giusta direzione ma per rafforzare le finalità antievasione sarebbe auspicabile l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica e quello di comunicazione dei corrispettivi per i soggetti non tenuti all’emissione della fattura;
  • la cosiddetta rottamazione dei ruoli per gli anni 2000-2015 consentendo ai contribuenti di estinguere il debito di imposta al netto di sanzioni e interessi di mora finisce per premiare i contribuenti meno meritevoli e per questa via può contribuire a indebolire il senso di obbedienza fiscale della platea dei contribuenti;
  • gli interventi a sostegno della famiglia sono di modesta entità, frammentari e non selettivi dal punto di vista dei mezzi e andrebbero ad affiancare e talvolta a sommarsi a misure già esistenti sottraendo risorse al raggiungimento di finalità non ancora assolte;
  • le misure in ambito pensionistico, tra le quali l’introduzione dell’APE e l’estensione della quattordicesima, affrontano in modo specifico alcune situazioni di emergenza (lavoratori precoci, attività usuranti, esodati) ma al di fuori di un disegno organico.

 

La coerenza del quadro di finanza pubblica alle regole europee risulta condizionata da due elementi: a) il riconoscimento in quanto derivanti da eventi eccezionali delle spese connesse al rilevante flusso di rifugiati e di quelle relative alla prevenzione antisismica, per le loro conseguenze sul percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine; b) la misura della correzione richiesta al Paese in relazione alla congiuntura economica – normale o sfavorevole – misurata mediante l’output gap. In caso di conclusioni positive su entrambi questi aspetti, gli obiettivi del DPB sarebbero a rischio di deviazione al limite della significatività per la regola sul deficit strutturale e a rischio di deviazione non significativa per la regola sulla spesa. In caso di una conclusione negativa sul riconoscimento degli eventi eccezionali, gli obiettivi del DPB sarebbero a rischio di deviazione significativa per entrambi i parametri della finanza pubblica. Un ulteriore elemento da considerare ai fini del rispetto delle regole è il rischio di riclassificazione dei proventi di alcune misure, da strutturali a una tantum (es. la “rottamazione” delle cartelle esattoriali).

 

Allo stato delle informazioni attuali, non è possibile prevedere quale sarà l’esito delle decisioni della Commissione. I criteri di calcolo dell’output gap sono in discussione nelle sedi tecniche anche su impulso del Governo italiano. Per quanto riguarda il flusso di rifugiati, già lo scorso anno la Commissione ha riconosciuto che si tratta di un evento eccezionale, prevedendo l’esclusione delle relative spese per la parte corrispondente alla variazione rispetto all’anno precedente. La decisione per il 2017 non sembrerebbe riguardare pertanto la natura del fenomeno quanto l’entità dell’esclusione delle spese. Per il piano di prevenzione sismica, non vi sono precedenti di esclusione dagli aggiustamenti richiesti di spese destinate alla prevenzione. L’aumentata frequenza dei fenomeni sismici potrebbe corrispondere a una maggiore rischiosità in molte zone del Paese, rendendo necessari interventi di prevenzione straordinari.

 

Per quest’ultimo aspetto, vi sono alcune difficoltà nel collocare un piano straordinario di prevenzione in un quadro di eccezionalità ai fini delle regole europee. Lo spazio richiesto (0,2 punti percentuali di PIL) non comprende solo nuove risorse, ma anche l’impatto sui conti di misure adottate negli scorsi esercizi (già presenti nel bilancio a legislazione vigente) legate a più generali finalità di ristrutturazione del patrimonio immobiliare e all’efficienza energetica. Inoltre, la richiesta di esclusione per il solo 2017 non sembrerebbe coerente con la dimensione necessariamente pluriennale di un eventuale piano di prevenzione sismica.

 

Quanto alla dinamica del rapporto debito/PIL si allarga il divario tra il livello programmato dal Governo e il valore obiettivo per il rispetto della regola numerica (1,8 punti percentuali rispetto a un gap di 0,2 punti indicato dal DEF). Le valutazioni di sostenibilità del debito svolte da UPB suggeriscono in ogni caso che, anche con ipotesi macroeconomiche meno favorevoli, gli obiettivi di finanza pubblica del DPB dovrebbero comunque garantire, con un livello relativamente elevato di probabilità, la discesa del rapporto debito/PIL nel medio termine a condizione che anche per gli anni successivi al 2019 siano mantenuti elevati avanzi primari.