Memoria sul DDL n. 1925 di conversione del DL 104/2020

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Il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), Giuseppe Pisauro, ha trasmesso alla Commissione Bilancio del Senato una memoria relativa al DDL di conversione del DL 104/2020 (“DL agosto”) contenente misure per il rilancio e il sostegno dell’economia e attualmente all’esame parlamentare. Nella memoria si esaminano gli interventi previsti con il provvedimento, focalizzando l’attenzione sul loro impatto finanziario e sui principali riflessi sui settori e sulle categorie interessate.

 

Gli effetti finanziari del decreto. Il DL agosto prevede un pacchetto di disposizioni che prolungano, integrandoli e modificandoli parzialmente, gli interventi disposti in precedenza (misure a sostegno dell’occupazione e dei redditi), rifinanziano provvedimenti per lo sviluppo e a favore degli Enti territoriali, stanziano maggiori risorse per scuola e sanità, prorogano al 2021-22 alcuni versamenti fiscali. Operazioni finanziarie riguardano l’intervento dello Stato nel capitale delle imprese e sono previsti interventi a favore di alcuni settori produttivi, primo fra tutti quello turistico, particolarmente colpiti dalla diffusione del COVID-19.

 

L’impatto del decreto per il 2020 è pari a 24,9 miliardi (5,3 miliardi nel 2021 e a 0,8 nel 2022) in termini di indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, a 30,8 miliardi in termini di fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (5,8 miliardi nel 2021 e 0,7 nel 2022) e a 30,9 miliardi in termini di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato (6,9 miliardi nel 2021 e 1,2 nel 2022).

 

In rapporto al PIL, il decreto comporta un peggioramento dell’indebitamento netto dell’1,5 per cento nel 2020 e dello 0,3 nel 2021 (tab. 1).

 

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Sommati agli importi già disposti con i decreti 18, 23 e 34 del 2020, gli interventi determinano un incremento dell’indebitamento netto di 100,2 miliardi nel 2020, di 31,4 miliardi nel 2021 e di 35,5 miliardi nel 2022.

 

Gli interventi del decreto sono concentrati essenzialmente sul 2020; negli anni successivi, a un ridimensionamento dell’impatto sulle uscite si accompagna un effetto positivo sulle entrate dovuto agli slittamenti dei versamenti di talune imposte e contributi conseguenti alle sospensioni decise per l’anno in corso. Infatti, le maggiori uscite nette calano progressivamente, passando da 16,9 miliardi di quest’anno a 9 miliardi del 2021 per poi scendere ancora, a 3 miliardi, nel 2022; l’impatto sulle entrate nette, negativo per 8 miliardi nel 2020, diventa positivo nel biennio successivo ammontando a 3,7 miliardi nel 2021 e a 2,2 miliardi nel 2022.

 

Sotto il profilo degli impieghi, per il 2020, le risorse sono state indirizzate in massima parte a sostenere i lavoratori, gli Enti territoriali e a disporre agevolazioni tributarie e contributive. A queste finalità è diretto oltre l’80 per cento degli impieghi: rispettivamente, 9,5 miliardi (31,3 per cento degli impieghi), 9,6 miliardi (31,5 per cento, di cui tuttavia 4,1 miliardi relativi a poste di natura contabile) e 6,2 miliardi (20,2 per cento). Interventi meno consistenti hanno riguardato disposizioni in materia di Scuola, Università e di natura emergenziale (1 miliardo) nonché di sostegno e rilancio dell’economia (3,4 miliardi). Il decreto, finanziato in larga misura in deficit, reperisce risorse di copertura tramite minori spese correnti nel 2020 (tuttavia circa l’83 per cento di queste coperture –4,1 miliardi – si riferisce a postazioni di natura contabile relative ai rapporti finanziari con le Regioni).

 

Di seguito alcune delle principali misure disposte con il decreto agosto.

 

Mercato del lavoro e integrazioni al reddito. – Il DL ripropone, con modifiche importanti, gli strumenti già introdotti dai precedenti decreti 18/2020 e 34/2020. In particolare, il provvedimento prolunga la Cassa integrazione (CIG) con causale COVID-19 per ulteriori 18 settimane (in due tranche di 9), proroga il divieto di licenziamento e i trattamenti NASPI e DISCOLL, amplia la possibilità di rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato in scadenza, introduce nuove indennità una-tantum per alcune tipologie di lavoratori non coperte dalla CIG; infine, avvia forme di decontribuzione con l’obiettivo di incentivare nuove assunzioni o di ridurre il costo del lavoro a carico del datore.

 

La misura di maggiore rilievo è la riconferma della CIG con causale COVID-19. Tutti i datori di lavoro non agricoli disporranno di altre 18 settimane per il periodo dal 13 luglio al 31 dicembre 2020. Le prime 9 sono totalmente gratuite; esaurite queste, l’accesso alle seconde 9 prevede il pagamento, da parte delle imprese che hanno registrato una perdita di fatturato nel primo semestre 2020 rispetto al corrispondente periodo del 2019 inferiore al 20 per cento, di un ticket di tiraggio – sinora non contemplato per la causale COVID-19 – pari a una percentuale (9 o 18 per cento) della retribuzione globale spettante al lavoratore per le ore di lavoro sospese. Eventuali periodi di CIG, già autorizzati per utilizzi dal 13 luglio in poi, sono accorpati alla prima tranche delle nuove settimane ora disponibili.

 

La Relazione tecnica ipotizza che le nuove 18 settimane vengano interamente sfruttate dal 90 per cento dei fruitori di integrazioni nel mese di maggio; inoltre, dalle banche dati INPS, è possibile identificare il 30 per cento dei percettori a maggio di CIGO COVID-19 alle dipendenze di datori di lavoro che, in assenza della causale speciale, avrebbero esaurito il “contatore” della CIG ordinaria (cosiddetti “sbloccati”). Solo le prestazioni relative a questo sottogruppo rientrano nella maggior spesa originata dal DL agosto; l’altra parte rientra invece all’interno dello scenario tendenziale pre decreti COVID-19. Su queste basi, i beneficiari di integrazioni con causale COVID-19 ammonterebbero in totale a oltre 2,2 milioni di lavoratori, per una maggiore spesa, inclusiva degli assegni per il nucleo familiare, di poco più di 8,2 miliardi, di cui circa 3,2 di contribuzione figurativa.

 

Tenendo conto delle risorse già stanziate dai precedenti decreti e delle risultanze dei più recenti monitoraggi INPS, le risorse complessive dedicate alle integrazioni salariali con casuale COVID-19 appaiono superiori alle esigenze. In particolare, dai dati dell’INPS emerge che, a fronte di una spesa stimata di 12,8 miliardi (al netto delle contribuzioni figurative) per le integrazioni fruibili fino a fine ottobre grazie al DL 18/2020 e al DL 34/2020, nel trimestre maggiormente colpito dall’emergenza e dal lockdown (marzo-maggio) la spesa effettiva è stata, senza considerare eventuali ritardi nelle erogazioni, di 3,8 miliardi, meno di un terzo del totale. Anche alla luce dei dati sulle ore autorizzate per mese di competenza riportati nella Relazione tecnica del decreto in esame, appare poco probabile che il tiraggio nei prossimi mesi si collochi su livelli paragonabili a quelli del trimestre marzo-maggio. Seppure si verificasse una recrudescenza della pandemia COVID-19 nel bimestre settembre-ottobre, lo scarto tra stanziamenti e spesa effettiva sembrerebbe lasciare ampio spazio per un ulteriore ricorso alle integrazioni salariali anche in assenza degli stanziamenti disposti con il DL 104/2020.

 

La prudenza delle stime può, tuttavia, trovare giustificazione, da un lato, nell’incertezza che ancora grava sull’evoluzione dello scenario sanitario nonché sui tempi e la robustezza della ripresa e, dall’altro, nella necessità di cominciare a preparare il terreno per quando, tra metà novembre e fine dicembre 2020, arriveranno a scadenza sia gli ammortizzatori straordinari sia il divieto di licenziamento. È cruciale che gli eventuali spazi di bilancio che si dovessero realizzare non vengano dispersi in impeghi per altre finalità.

 

Il DL 104/2020 presenta comunque due caratteristiche innovative sul piano degli interventi a sostegno dell’occupazione rispetto ai precedenti decreti. In primo luogo, l’aumento di selettività con cui sono erogate le nuove misure, grazie all’introduzione del ticket di tiraggio sulle nuove integrazioni con causale COVID-19 e alla destinazione delle nuove indennità una tantum alle figure lavorative più precarie e ai professionisti che hanno subito i danni maggiori in termini di caduta di fatturato. In secondo luogo, la comparsa, a fianco delle misure volte a sostenere il reddito in caso di interruzione/sospensione dell’attività lavorativa (integrazioni e indennità) e di regolazione (divieto di licenziamento), anche di interventi – gli sgravi contributivi – che mirano a stimolare nuova occupazione e a premiare il mantenimento dei livelli degli organici e dell’attività produttiva. Sarà importante monitorare attentamente gli effetti degli sgravi contribuivi, per trarre informazioni utili sugli strumenti con cui continuare a dare sostegno all’economia nel 2021.

 

Imprese. – Le misure per le imprese sono prevalentemente estensioni e rifinanziamenti di quelle adottate a fronte dell’emergenza sanitaria nel periodo marzo-maggio 2020 (DL 18/2020, DL 23/2020 e DL 34/2020). In generale, le misure adottate risultano sempre più mirate e selettive rispetto alle imprese e ai settori più colpiti dalla crisi e possono essere raggruppate in base alle loro finalità prevalenti: rilancio e finanziamento delle imprese, misure per la liquidità, esonero e sospensione del pagamento di contributi e imposte, sostegno ai costi di impresa, interventi a favore di settori specifici (ristorazione, settore turistico-culturale, editoria, l’industria automobilistica e trasporto.

 

Per far fronte alle esigenze di liquidità d’impresa si punta a rafforzare gli strumenti esistenti rifinanziando il Fondo di garanzia per le PMI per assicurarne la piena operatività ed estendendo la durata della moratoria straordinaria di tipo automatico sui prestiti.

 

Nella tabella (tab. 2) sono sintetizzati i dati del contatore giornaliero MISE sull’operatività del Fondo di garanzia. A tutto il 28 agosto il Fondo ha accolto 985.248 domande per circa 63,4 miliardi di finanziamento a cui corrispondono garanzie pari a 56,6 miliardi (in media, l’89,3 per cento del finanziamento); ulteriori 10 miliardi di finanziamento con le corrispondenti garanzie statali sono in attesa di autorizzazione.

 

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A fronte del complesso delle garanzie concesse è stato effettuato in media un accantonamento al Fondo di circa il 10 per cento, pari a 5,9 miliardi. Considerato che con i precedenti decreti anti COVID-19 sono stati assegnati al Fondo 6 miliardi – che si sono aggiunti a disponibilità pre-esistenti limitate – il rifinanziamento disposto dal DL in esame (pari a 7,3 miliardi per il triennio 2023-25) è stato necessario per garantire la continuità operativa del Fondo visto il quasi esaurimento delle risorse disponibili.

 

Si ricorda che a parità di garanzie concesse, le esigenze di accantonamento al Fondo di garanzia potrebbero aumentare. Il gestore del Fondo deve infatti provvedere bimestralmente all’integrazione della valutazione delle probabilità di inadempimento delle imprese basata sul solo Modulo economico-finanziario con quella derivante dal Modulo andamentale basato sui dati della Centrale dei Rischi della Banca d’Italia acquisiti al momento della presentazione delle richieste di ammissione alla garanzia. Questa procedura di adeguamento è stata attivata dal gestore del Fondo per le operazioni concluse nei primi due bimestri (ossia tra il 10 aprile e il 9 agosto), pari a 107.762. Per la quasi totalità di queste operazioni (per 207 non è stato possibile procedere), l’adeguamento ha comportato un maggiore accantonamento netto pari a 0,1 miliardi (da 3,7 a 3,8 miliardi) corrispondente complessivamente a circa il 2,7 per cento dell’accantonamento iniziale. Le operazioni che scontano un rischio di inadempimento molto elevato sono passate dallo 0,5 al 4,5 per cento rispetto al totale delle operazioni esaminate nei primi due bimestri e gli accantonamenti passano dall’1,7 al 15,6 per cento del totale.

 

Va tenuto presente che nei prossimi mesi si potrebbero avere effetti più marcati di quelli visti finora sulle percentuali di accantonamento al Fondo (pari, come visto, a circa il 2,7 per cento dell’accantonamento iniziale) sia in relazione al completamento della procedura di adeguamento bimestrale in base al Modulo andamentale delle probabilità di inadempimento delle imprese, sia per una generale revisione di queste ultime che il gestore del Fondo potrebbe decidere sulla base di andamenti congiunturali che potrebbero far presagire un aumento del rischio di inadempimento delle imprese o di fallimento delle stesse. Inoltre, dal 2023, anno in cui si cominceranno a ripagare le rate dei prestiti ricevuti, si manifesteranno a pieno le effettive difficoltà economiche delle imprese più colpite dalla crisi e quindi le percentuali di inadempimento potrebbero risultare superiori a quelle sottostanti gli accantonamenti al Fondo, determinando così un aumento delle esigenze di finanziamento di quest’ultimo negli anni successivi.

 

Il decreto prevede anche il prolungamento al 31 gennaio 2021 della moratoria straordinaria sulle esposizioni debitorie delle microimprese e delle PMI senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

 

Sulla base della rilevazione settimanale effettuata dalla task force costituita per promuovere l’attuazione delle misure a sostegno della liquidità adottate dal Governo, fino al 7 agosto sono pervenute 1,3 milioni di richieste di moratoria da parte delle società non finanziarie per un importo di prestiti complessivo pari a 196 miliardi.  Dai dati emerge un forte squilibrio nella tipologia di sospensioni richieste visto che oltre l’80 per cento (158 miliardi) riguarda quella della sospensione delle rate e dei canoni dei mutui e dei finanziamenti a rimborso rateale. Questo squilibrio potrebbe comportare l‘incapienza delle garanzie necessarie per questa categoria di operazioni rispetto alla ripartizione del Fondo prevista nella norma e quindi richiederne una rimodulazione rispetto alle altre finalità, nel presupposto che la dotazione del Fondo sia idonea a finanziare l’estensione della moratoria. Si ricorda infatti che l’art. 56 del DL 18/2020 ha previsto una dotazione finanziaria da ripartire in misura uguale (33,3 per cento) a garanzia delle tre tipologie di esposizione debitorie ammesse alla moratoria: a) le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti; b) i prestiti non rateali in scadenza prima del 30 settembre 2020; c) i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale.

 

Sanità e istruzione. – Le disposizioni per il comparto della sanità mirano principalmente al recupero di prestazioni (ambulatoriali, ospedaliere, di screening) la cui erogazione è stata rinviata a seguito dell’emergenza COVID-19 e, più in generale, a ridurre le liste di attesa. La Relazione tecnica al DL, che si avvale delle risultanze dell’ultimo Monitoraggio del Ministero della Salute sulle strategie di intervento per il recupero delle liste d’attesa, stima una diminuzione dei ricoveri nel primo semestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 di circa il 40 per cento e delle prestazioni relative ad accertamenti diagnostici e visite specialistiche del 36 per cento.

 

Per recuperare il ritardo accumulato sono previsti alcuni interventi straordinari che le Regioni possono adottare nel 2020 in deroga ai vincoli sulla spesa di personale (prestazioni aggiuntive nell’ambito dell’attività professionale intramuraria, assunzione di personale sanitario a tempo determinato, incremento del monte ore dell’assistenza specialistica ambulatoriale convenzionata interna) e sono stanziate apposite risorse, che consentono un aumento del finanziamento al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) di 478 milioni per l’anno in corso. Le Regioni, per accedere alle risorse, devono presentare un Piano Operativo Regionale per il recupero delle liste di attesa.

 

Il DL contiene due allegati. L’allegato A è basato sulle stime della Relazione tecnica, che valuta, per Regione, l’onere degli interventi per recuperare l’attività rinviata a causa della pandemia, separando i ricoveri ospedalieri dalle prestazioni ambulatoriali e di screening, a partire dai dati di riduzione delle prestazioni nel primo semestre del 2020 e calcolando i costi in termini di attività professionale intramuraria. Tali oneri rappresentano il limite massimo di spesa per gli strumenti straordinari previsti dal DL 104/2020 per ciascuna Regione e complessivamente ammontano a 478 milioni. L’allegato B, invece, ripartisce questi 478 milioni di incremento del finanziamento al SSN tra le Regioni, incluse quelle a statuto speciale, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l’anno 2020. Per le Regioni con importi nell’allegato A superiori a quelli dell’allegato B, vale il limite massimo di spesa più basso indicato in quest’ultimo. Nel caso contrario, ossia di Regioni che ricevono un importo, stabilito nell’allegato B (in base alle quote di accesso), maggiore di quanto riportato nell’allegato A (che riflette la stima del recupero delle prestazioni nel primo semestre) la differenza può essere usata per interventi volti a recuperare le liste di attesa diversi da quelli straordinari previsti dal DL 104/2020. Dunque solo alle Regioni che hanno sperimentato una minore riduzione delle prestazioni resterebbe un margine di risorse per ridurre le liste di attesa abituali, slegate dall’emergenza COVID-19.

 

L’incremento del Fondo per le emergenze nazionali, pari a 580 milioni nel 2020 (550 in termini di indebitamento netto) e 300 milioni per il 2021, è destinato a finanziare sia i compiti e le azioni in ambito sanitario previste dal DL 18/2020, che ha disposto la nomina del Commissario straordinario, sia quelli aggiuntivi, attribuiti dal DL 76/2020, in ambito scolastico.

 

Gli altri interventi nel settore dell’istruzione sono principalmente mirati ad agevolare l’apertura dell’anno scolastico 2020-21 con la didattica in presenza. A questo fine, il decreto prevede il rafforzamento del Fondo per l’emergenza epidemiologica (400 milioni per il 2020 e 600 milioni per il 2021). Inoltre, viene disposta una rimodulazione degli interventi di manutenzione straordinaria e di incremento dell’efficienza energetica delle scuole di Province e Città metropolitane previsti dalla legge di bilancio 2020 (con un incremento di 125 milioni per il 2021, 400 per il 2022, 300 per il 2023 e per il 2024 e un azzeramento delle risorse per gli anni successivi al 2029).

 

I nuovi finanziamenti del Fondo per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 sono indirizzati a diversi obiettivi, ma soprattutto (363 milioni per il 2020 e 552 per il 2021, che si aggiungono ai 378 milioni per il 2020 e 600 per il 2021 allocati dalla L. 77/2020) all’attivazione di incarichi a tempo determinato a personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA). La ripartizione tra gli Uffici scolastici regionali sarà attuata per il 50 per cento in base al numero degli alunni e per il 50 per cento, proporzionalmente, in base alle richieste avanzate dagli stessi Uffici. In assenza di dati affidabili sulle condizioni effettive delle scuole e sul relativo affollamento, è stato scelto di affiancare a un criterio di riparto basato sul numero degli alunni, che evidentemente tiene conto dell’evoluzione demografica, ma non delle caratteristiche degli spazi disponibili, quello che fa riferimento ai fabbisogni rappresentati dalle singole istituzioni scolastiche e raccolti dagli Uffici scolastici regionali. Questo secondo criterio di riparto se, da un lato, dovrebbe cogliere le effettive necessità in termini di affollamento delle strutture, dall’altro, potrebbe riflettere la diversa capacità e rapidità degli Enti locali e delle scuole di tradurre i bisogni in richieste concrete e degli Uffici scolastici regionali di vagliare le istanze e di canalizzare le esigenze delle scuole attraverso criteri omogenei. Le differenze tra i risultati dell’applicazione dell’uno o dell’altro criterio sono consistenti. In particolare, misurando la differenza in percentuale rispetto alle risorse distribuite secondo il numero di alunni, la ripartizione della metà delle somme concesse con il criterio dei fabbisogni (ossia delle richieste degli Uffici scolastici regionali) favorisce, rispetto all’altro criterio, soprattutto la Campania, la Puglia, la Calabria e il Lazio. Le Regioni più svantaggiate sono invece la Sardegna, la Lombardia, il Molise, il Veneto e l’Abruzzo.

 

Enti territoriali. – Dal punto di vista quantitativo, gli interventi di maggior rilievo a favore degli Enti territoriali sono finalizzati al ristoro della perdita di gettito determinata dall’emergenza COVID-19 e vanno ad integrare quelli adottati con il DL 34/2020 (tab. 3), Sono previsti interventi, in futuro, per provvedere ad ulteriori compensazioni (o alla restituzione di somme trasferite in eccesso) in base alle risultanze di consuntivo. Ciò si rende necessario anche perché gli accordi sulla base dei quali sono state stabilite le risorse complessive e il relativo riparto sono principalmente di natura politica, considerato che le analisi tecniche sono caratterizzate da elevata incertezza sull’effettiva perdita di gettito così come desumibile dai dati infrannuali attualmente a disposizione.

 

Inoltre, questi provvedimenti sono in parte caratterizzati da una certa frammentazione dal momento in cui vengono istituiti una serie di fondi specifici, per esempio quello sul ristoro dell’imposta di soggiorno, che si affiancano a fondi più generali per ciascun comparto cui poteva essere assicurata capienza sufficiente per permettere agli Enti territoriali di assicurare la continuità di fornitura di tutti i servizi di loro competenza. Tale frammentazione di interventi potrebbe limitare la capacità di fornire un’azione unitaria di sostegno a favore degli Enti territoriali.

 

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Un’altra serie di norme mira a incentivare la spesa per investimenti degli Enti locali, perlopiù anticipando al periodo 2020-24 risorse che precedenti leggi di bilancio (principalmente quella per il 2020) avevano stanziato a tal fine per gli anni dal 2030 in poi. Le risorse anticipate al periodo 2020-24 ammontano a circa 4,4 miliardi, cui si sommano nuove autorizzazioni di spesa per investimenti introdotte dal decreto stesso per ulteriori 1,1 miliardi. In termini di indebitamento netto, secondo la relazione tecnica queste misure avrebbero un impatto pari a circa 1,6 miliardi nel 2021 e 1,9 miliardi nel 2022.