Nota sulla congiuntura – luglio 2017

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Sostenuta da un favorevole contesto internazionale e dall’intonazione positiva della domanda interna, la ripresa dell’economia italiana, secondo la Nota congiunturale di luglio, si è leggermente irrobustita rispetto a quanto ipotizzato in primavera.

 

Ripresa in rafforzamento: dopo il positivo I trimestre, PIL in crescita dello 0,3 per cento e dello 0,2 per cento nel II e nel III trimestre; per il 2017 incremento dell’1,2-1,3 per cento

 

Fig. 13 per abstractDopo che l’Istat ha rivisto rialzo i risultati del primo trimestre, l’UPB stima una crescita reale del PIL dello 0,3 per cento nel II trimestre (1,4 per cento in termini tendenziali) e dello 0,2 per cento in quello successivo (1,3 per cento in termini tendenziali). Nonostante l’accelerazione di inizio anno, il ritmo di crescita dell’economia italiana ha continuato a caratterizzarsi per una dinamica meno intensa rispetto alla media dell’area dell’euro. Con una dinamica persistentemente positiva anche nel IV trimestre, il 2017 potrebbe far registrare un incremento del PIL dell’1,2-1,3 per cento, superiore cioè al livello previsto dal DEF (1,1 per cento).

 

 

 

 

 

 

Ma l’andamento del PIL nominale, variabile rilevante per la finanza pubblica, è debole e si prospetta distante dalla previsione indicata nel DEF

 

 

Fig. 6 per abstractIl buon andamento della crescita reale non sembra però destinato a riflettersi sul PIL nominale, variabile cruciale per la sostenibilità dei conti pubblici, in particolare per una ripresa del percorso di discesa del rapporto debito/PIL. Il PIL a prezzi correnti ha segnato un leggero calo nel I trimestre a causa di un indebolimento del deflatore del PIL che ha più che compensato il buon risultato in termini reali. La flessione del deflatore del PIL nel primo trimestre ha risentito dell’indebolimento dei fattori interni di inflazione (costo del lavoro per unità di prodotto e margini di profitto unitari), a fronte delle maggiori spinte di carattere esterno (petrolio) che hanno, invece, innalzato in tale periodo il deflatore dei consumi. Dato l’avvio d’anno negativo, la dinamica del PIL nominale, al contrario di quanto avviene per il PIL reale, risulta sostanzialmente lontana dalla stima ipotizzata dal Governo nel DEF per l’intero 2017 (+0,5 per cento la crescita acquisita dopo il I trimestre, contro un obiettivo programmatico del 2,3 per cento).

 

 

Grazie al graduale recupero di quote di mercato una spinta per le esportazioni

 

Fig. 9 per abstractIl commercio mondiale ha ripreso slancio. E se pure la dinamica degli scambi internazionali per area geografica è risultata meno favorevole per l’Italia, è proseguita nella prima parte del 2017 la ripresa dell’export. La crescita delle esportazioni di beni è stata dell’1,7 per cento nel primo trimestre e anche per i mesi successivi le indicazioni sono positive (+0,8 per cento il dato a prezzi correnti di aprile-maggio). Negli ultimi quattro trimestri le esportazioni sono aumentate più di quelle mondiali (6,8 per cento, contro 4 per cento) confermando un recupero graduale di quote di mercato iniziato nel 2010. L’espansione dell’export è stata sopravanzata da quella, ancor più forte, delle importazioni. Ne è risultato, nel primo scorcio dell’anno, un contributo negativo della domanda estera alla variazione del PIL.

 

 

Dalla riduzione dell’incertezza (indice UPB) un possibile aiuto all’economia nei prossimi mesi

 

Fig. 12 per abstractGli indicatori congiunturali quantitativi, come l’andamento della produzione industriale (+0,7 per cento in maggio, dopo i cali di gennaio e aprile), manifestano un’evoluzione non uniforme, sia pure in un contesto di espansione dell’attività economica. Nella media aprile-giugno, l’Indice aggregato di fiducia delle imprese è in linea con quello del primo e risulta abbondantemente al di sopra della media di lungo periodo. Le condizioni di clima favorevole sono diffuse tra quasi tutti i diversi settori produttivi. Ulteriori segnali positivi vengono dall’indicatore UPB d’incertezza, in netta flessione nella prima metà del 2017 e tornato sui livelli pre-crisi del 2008-2009. Un basso grado d’incertezza, stimolando i piani di investimento, le decisioni di consumo e incrementando la domanda di fattori produttivi, costituisce una condizione necessaria per il sostegno della ripresa nella seconda metà dell’anno.

 

 

Progressi per il mercato del lavoro ma l’area di sottoccupazione resta molto ampia (24,5 per cento)

 

Fig. 16 per abstractNel quadro economico favorevole, l’occupazione nei primi mesi dell’anno ha continuato a crescere, grazie al sensibile incremento dei lavoratori con contratti a termine, complice il venir meno della decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato. In media, nei primi cinque mesi del 2017, l’occupazione è cresciuta dell’1,1 per cento rispetto a un anno prima, un dato che riflette un balzo dell’occupazione a termine (8,6 per cento) e una lieve crescita degli occupati permanenti (0,7 per cento). Ciclo economico e andamento dell’occupazione hanno incoraggiato un aumento della partecipazione al mercato del lavoro (gli inattivi sono scesi nel primo trimestre di 473.000 unità rispetto a un anno prima), moderando la velocità del processo di riduzione del tasso di disoccupazione (11,2 per cento). Nonostante i miglioramenti del mercato del lavoro, tuttavia, l’area di sotto utilizzo delle forze di lavoro resta ampia e sostanzialmente più estesa di quanto indicano i dati della disoccupazione. Sommando alla forza lavoro potenziale (inattivi disponibili a lavorare), la disoccupazione e i sotto-occupati (800 mila persone circa che lavorano un numero inferiore di ore a quelle desiderate), si arriva, nel primo trimestre dell’anno, a un tasso di sotto-utilizzo del lavoro pari al 24,5 per cento del bacino esteso di forze di lavoro. Tale fenomeno, riscontrabile sia pure in proporzioni diverse anche nel resto dell’area euro, tende a comprimere le pressioni salariali. Ciò, unitamente all’indebolimento del petrolio e all’apprezzamento dell’euro verificatisi negli ultimi mesi, contribuisce a mantenere l’inflazione in Italia e nella zona euro su bassi livelli, ben al di sotto dell’obiettivo del 2 per cento come confermato dalla BCE.

 

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