Pubblicato il Flash “La nuova imposta sulle transazioni digitali”

 

La legge di bilancio per il 2018 istituisce, a decorrere dal 2019, una web tax relativa a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici a favore di soggetti residenti in Italia da parte di residenti e non residenti. Il Flash “La nuova imposta sulle transazioni digitali” analizza la genesi e le caratteristiche della misura introdotta, evidenziandone obiettivi e limiti.

 

La struttura della nuova imposta è il risultato di un percorso legislativo particolarmente tormentato nel corso del quale la formula del prelievo inizialmente proposta è stata significativamente modificata. Nella versione contenuta nella legge di bilancio, l’imposta si applica al valore della singola transazione (al netto dell’IVA) con una aliquota del 3 per cento. Contemporaneamente, viene ampliata la definizione di stabile organizzazione dell’impresa: non è necessaria la presenza fisica ma è sufficiente una significativa e continuativa presenza economica nel territorio italiano.

 

La web tax si applica alle transazioni business to business (B2B) riguarda imprese residenti e non residenti con un limite dimensionale relativo all’attività tassata: 3.000 transazioni annue a prescindere che il loro importo unitario sia di 1 o di 1.000 euro. Il prelievo si effettua sui committenti dei servizi digitali, mentre alcuni aspetti rilevanti (perimetro oggettivo di applicazione, modalità di riscossione, ecc.) sono rinviati a provvedimento dell’Agenzia delle entrate. Il nuovo tributo, secondo la stima della relazione tecnica, potrebbe assicurare un maggior gettito pari a 190 milioni di euro.

 

La nuova imposta sembra avere finalità ed effetti diversi rispetto ai precedenti interventi: (dalla misura antielusiva contenuta nella “Manovrina” dell’aprile scorso, alle altre proposte emerse recentemente in Italia, alla stessa versione  inizialmente introdotta dal Senato). Questi si collocavano infatti in una prospettiva di tutela del gettito nazionale e avevano come fine ultimo quello di incentivare il recupero di base imponibile e quindi la tassazione dei profitti nell’ambito delle stabili organizzazioni in Italia. La nuova imposta è prelevata sulla transazione di natura digitale (nel presupposto di una formazione di valore diversa da quella di una transazione di tipo tradizionale) evitando di differenziare la sua applicazione sulla base della residenza.

 

Il nuovo tributo potrebbe determinare uno svantaggio competitivo delle imprese residenti sia rispetto al mercato tradizionale interno sia rispetto al mercato internazionale. Infatti i ricavi delle imprese digitali residenti sono sottoposti non solo al nuovo tributo, ma anche alle altre imposte dirette con le aliquote vigenti in Italia, con un onere di imposta effettivo più elevato. Al contrario, per le multinazionali non residenti il nuovo tributo potrebbe assolvere definitivamente agli obblighi tributari in Italia continuando a pagare aliquote di imposta irrisorie nei paesi a fiscalità privilegiata. Inoltre, le grandi multinazionali non residenti, avendo un potere di mercato assai maggiore delle imprese italiane, potrebbero operare più facilmente una traslazione del tributo sui prezzi dei servizi, senza ridurre la loro competitività. D’altra parte, il livello relativamente contenuto dell’aliquota di imposta sembra costituire un compromesso tra la necessità di contrastare l’elusione fiscale e l’intento di non penalizzare eccessivamente le imprese residenti.

 

Una efficace politica di contrasto ai problemi posti dall’elusione fiscale aggressiva delle grandi multinazionali del web e dalla concorrenza fiscale “dannosa” tra i vari sistemi tributari nazionali richiederebbe azioni di cooperazione e di coordinamento tra i diversi paesi, ma queste decisioni sono condizionate dai tempi (lunghi) della consultazione e della decisione internazionale. Nelle more di queste decisioni l’introduzione in Italia di un prelevo specifico sulle multinazionali digitali sembra andare oltre la semplice moral suasion di altri provvedimenti e sembra volere anticipare possibili interventi, almeno di breve periodo, concordati a livello internazionale.

 

Alcuni problemi di natura tecnica potrebbero rendere difficile l’applicazione del nuovo tributo e le soluzioni per la sua attuazione sono affidate ai decreti che l’Agenzia delle entrate dovrà emanare nei prossimi mesi.