Audizione dell’UPB sul DDL di bilancio per il 2025

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Roma, 5 novembre 2024 | La Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, ha oggi presentato in audizione alle Commissioni Bilancio riunite della Camera dei deputati e del Senato la valutazione dell’UPB in merito alla manovra di bilancio 2025. Nella memoria viene svolta un’analisi che, a partire dallo scenario macroeconomico e dall’impatto finanziario della manovra, sviluppa approfondimenti sulle principali misure, in particolare sui capitoli fisco, sanità, pensioni, natalità ed Enti territoriali. Di seguito una sintesi dei contenuti della memoria.

 

  • Manovra in linea con obiettivi di disavanzo e con la traiettoria di spesa netta del PSB
  • Rischi orientati al ribasso sul PIL, pesano variabili internazionali e PNRR
  • Necessario un disegno organico per la crescita della produttività del Paese
  • Principali beneficiari della manovra i dipendenti con redditi medio-bassi
  • Diventano strutturali interventi su cuneo e aliquote, per imprese misure frammentarie
  • Aumenta progressività Irpef ma con maggiore complessità e disparità fra contribuenti
  • Il finanziamento della sanità cresce meno della spesa con rischio disavanzi regionali
  • Contributo di Enti territoriali sia coerente con tutela di funzioni fondamentali e LEP

 

Il quadro macroeconomico e i rischi all’orizzonte

Il contesto internazionale in cui si inserisce la manovra 2025 è fragile e incerto, soprattutto a causa delle tensioni geopolitiche e delle guerre in atto, con impatti già tangibili sul commercio internazionale, le cui prospettive possono risentire di nuovi dazi, e sui prezzi delle materie prime. La congiuntura internazionale è frammentata e le azioni dei governi e delle banche centrali diventano più aleatorie, in particolare in Europa, dove pesa la situazione di debolezza dell’attività della Germania.

L’Italia rallenta, vede esaurirsi l’onda lunga del “rimbalzo post-pandemia” del triennio 2021-2023 e la crescita torna in linea con i valori precedenti. Nel terzo trimestre il PIL italiano ristagna; i modelli di breve termine dell’UPB vedono una moderata ripresa negli ultimi tre mesi dell’anno.

L’UPB ha validato lo scorso mese, in occasione dell’audizione sul Piano Strutturale di Bilancio 2025-29 (PSB), le previsioni macroeconomiche del Documento programmatico di bilancio (DPB) in quanto ritenute accettabili, ma esposte a diversi rischi al ribasso. Nel DPB la crescita del PIL si rafforza l’anno prossimo all’1,2 per cento (dall’1,0 del 2024), mentre rallenta all’1,1 nel 2026 e allo 0,8 per cento nel 2027. I più recenti dati trimestrali di contabilità nazionale hanno peggiorato le attese sul 2024 per almeno un paio di decimi di punto percentuale ma, al netto di questa revisione, le previsioni ufficiali sono prossime all’intervallo delle stime più recenti degli altri previsori esterni.

Lo stimolo fiscale è moderato lungo tutto l’orizzonte quinquennale del Piano. Nello scenario macroeconomico del DPB la manovra ha un effetto espansivo di 0,3 punti di PIL sul 2025 (riconducibile principalmente allo stimolo alla domanda interna derivante dalle misure contributive e fiscali per i lavoratori a basso reddito), nessun effetto nel 2026 e un impatto appena positivo nel 2027. Secondo simulazioni effettuate con il modello econometrico MeMo-It, in uso all’UPB, gli impatti sul PIL della manovra sarebbero simili nel complesso del periodo a quelli indicati dal Governo, sebbene con una distribuzione nel tempo lievemente diversa (marginalmente inferiori nel 2025 e appena più marcati nel 2027).

L’obiettivo di crescita del PIL nel 2025 poggia sull’ipotesi che si rafforzi la domanda estera grazie al rafforzamento del commercio mondiale, esposto però a diverse criticità; sarà inoltre cruciale l’attuazione spedita di riforme e progetti legati al PNRR. La dinamica dell’attività economica italiana risulterebbe trainata principalmente dalla domanda interna (recupero dei consumi, dinamica sostenuta degli investimenti pubblici e privati).

Dopo il 2027, con l’esaurirsi dei fondi del PNRR ed il trend demografico sfavorevole (calo della popolazione attiva), la crescita del prodotto potenziale potrà rimanere positiva solo grazie ad un aumento strutturale della produttività.

Accanto ai rischi esterni sul commercio internazionale, dai prezzi di energia e materie prime e dalla volatilità dei mercati, sempre più tra i fattori avversi rilevanti devono essere considerati – come avvertono i recenti tragici eventi in Spagna – quelli derivanti dai cambiamenti ambientali e climatici, che nei prossimi anni potranno sottrarre risorse per lo sviluppo.

 

L’impatto finanziario della manovra 2025

La manovra di bilancio si inserisce nel nuovo quadro di regole di bilancio adottato dalla UE lo scorso aprile. Gli obiettivi incardinati nel PSB dell’Italia, presentato alla Commissione europea lo scorso 15 ottobre, prevedono una discesa del debito grazie a un consolidamento di bilancio in sette anni; gli obiettivi sembrano coerenti con il sentiero di spesa netta del nuovo quadro di governance UE. Il DDLB dà avvio a questo percorso pluriennale di consolidamento dei conti pubblici ambizioso, che dovrà essere sostenuto nel tempo.

L’impatto della manovra è coerente con gli obiettivi programmatici di riduzione progressiva del rapporto deficit/PIL stabiliti nel PSB 2025-29 e nel DPB 2025 (dal 3,8 per cento nel 2024, al 3,3 nel 2025, al 2,8 nel 2026 e al 2,6 nell’anno successivo) che prevedono il rientro del deficit al di sotto del 3 per cento del PIL entro il 2026. Dal lato degli impieghi, la manovra lorda è pari a 35,3 miliardi nel 2025, 40,2 nel 2026 e 49,4 nel 2027. Le risorse di copertura sono pressoché stabili e ammontano a 24,9 miliardi nel 2025, 24,7 nel 2026 e 23,1 nel 2027.

I principali beneficiari della manovra sono le famiglie, con un valore netto di 55 miliardi nel triennio (15,2 miliardi nel 2025, 19,4 nel 2026 e 20,4 nel 2027), soprattutto per gli interventi a favore dei lavoratori dipendenti. Di impatto positivo sul settore delle famiglie anche il rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale e le misure disposte in ambito sociale, pensionistico e per sostenere la genitorialità. Di contro, le misure rivolte alle imprese e ai lavoratori autonomi migliorano il saldo nel biennio 2025-26 rispetto allo scenario a legislazione vigente (di 6,4 miliardi in media in ciascun anno), per effetto di interventi sia sulle entrate sia sulle spese.

Nel triennio 2025-27 si riducono in modo significativo le entrate che gravano sul lavoro, principalmente per la stabilizzazione dei benefici conseguenti alla riduzione del cuneo fiscale, mentre aumentano quelle sul consumo, soprattutto per gli effetti di retroazione della manovra sulle imposte indirette.

Le entrate sul fattore capitale aumentano nel biennio 2025-26 (per diversi interventi, tra cui la sospensione delle DTA, l’imposta di bollo sui prodotti assicurativi, la rideterminazione dei valori di terreni e partecipazioni) e si riducono dal 2027 (recupero delle DTA differite e proroga della maggiorazione delle deduzioni sulle assunzioni 2025-27).

 

Considerazioni generali sulla manovra

Il disegno di legge di bilancio è improntato a una linea di prudenza e responsabilità nella prospettiva di consolidamento di medio periodo della finanza pubblica. Gli interventi introdotti hanno, tuttavia, utilizzato tutto lo spazio di bilancio disponibile – sia per il deficit che per la spesa netta – per cui gli effetti di eventuali nuove future proposte di politica di bilancio dovranno trovare copertura attraverso aumenti di entrate o riduzioni di spese strutturali.

In un’ottica di programmazione pluriennale è importante aver reso strutturali disposizioni temporanee delle precedenti manovre. Inoltre, rifinanziamenti e definanziamenti di programmi di spesa sono impostati su un più realistico andamento a medio termine dei conti pubblici; i tagli di spesa non sono più demandati all’ultimo anno di programmazione ma i risparmi sono decrescenti e sembrano mirati a mantenere la spesa per investimenti ai livelli degli anni precedenti, anche dopo la fine del PNRR.

Emergono però alcune criticità, sia di carattere generale sia di natura più specifica:

  • Nel DDLB i prospetti riepilogativi degli effetti finanziari della manovra si fermano al 2027, determinando una rilevante carenza di informazioni che limita la capacità di una piena valutazione della manovra (carenza già riscontrata nel PSB 2025-2029).
  • Le Relazioni tecniche dei provvedimenti non sempre consentono di quantificare gli effetti degli interventi, anche ai fini della stima della traiettoria della spesa netta.
  • Vengono inseriti nella quantificazione della manovra – a fini di copertura – gli effetti della retroazione fiscale, mentre sarebbe stato opportuno in ottica prudenziale non contabilizzarli.
  • Diverse misure di aumento del prelievo hanno natura di anticipazione di gettito, con impatti inizialmente positivi ma negativi negli anni successivi: non assicurano quindi risorse strutturali.
  • Non sono quantificati gli importi dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego relativi agli Enti diversi dalle Amministrazioni centrali dello Stato, dovendo queste ancora individuare le risorse all’interno dei propri bilanci, né il valore dell’indennità di vacanza contrattuale per il triennio 2025-27, erogabile dall’anno 2025, indirettamente desumibile per le sole Amministrazioni centrali dello Stato.
  • Prevale ancora la presenza di “tagli lineari” delle spese in assenza di uno sforzo di razionalizzazione delle stesse, che sarebbe dovuto derivare dalle attività di valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa da tempo avviate dal MEF.

Sull’andamento dei conti pubblici vanno poi considerate le citate incognite sul quadro internazionale e le forti criticità sulla piena e tempestiva attuazione delle riforme e degli investimenti del PNRR.

In conclusione, la manovra di bilancio si colloca nel percorso ambizioso di consolidamento della finanza pubblica nel medio termine delineato nel PSB e introduce diversi elementi di programmazione strategica. Appare tuttavia solo in parte inserita in una visione complessiva di politica economica. Numerosi interventi non seguono un disegno organico di riforma e non appaiono sostenere adeguatamente le potenzialità di crescita in linea con le riforme e gli investimenti su cui è basata la richiesta di allungamento del periodo di aggiustamento di bilancio a sette anni.

 

La crescita della spesa netta e l’orientamento della politica di bilancio

La crescita programmatica della spesa netta per il 2025, considerando lo scenario tendenziale e le misure previste nel DDLB, risulta dell’1,3 per cento, in linea con l’obiettivo programmatico indicato nel PSB. La crescita della spesa prima dell’impatto delle misure discrezionali di entrata (DRM) è pari al 2,4 per cento contro il 2,1 per cento stimato nello scenario a legislazione vigente. L’impatto delle DRM è pari a 11,2 miliardi (0,5 punti percentuali di PIL) rispetto ai 20,5 previsti a legislazione vigente.

Nel DPB mancano però informazioni sulla crescita della spesa netta per il 2026 e 2027 e ciò non consente di effettuare al momento valutazioni sulla coerenza della manovra di bilancio rispetto alla crescita della spesa netta programmata nel PSB per questi due anni.

L’orientamento della politica di bilancio per il triennio 2025-27 è previsto essere restrittivo e anticiclico: nel 2025 l’orientamento complessivo risulta sostanzialmente neutrale includendo le spese finanziate dai trasferimenti della UE; nel 2026 l’orientamento restrittivo si attenua grazie all’aumento della spesa finanziata da trasferimenti della UE, mentre nel 2027 peggiora in misura rilevante per il venire meno dei trasferimenti NGEU.

 

Gli interventi in ambito fiscale

Il DDLB introduce una riforma con coperture strutturali che supera la logica, adottata negli anni recenti, degli interventi temporanei di riduzione del cuneo fiscale. In primo luogo, viene stabilizzato l’accorpamento delle aliquote Irpef e l’innalzamento della detrazione da lavoro dipendente per redditi fino a 15.000 euro disposti per il solo 2024 in attuazione dei principi della delega sulla riforma fiscale. Questa componente della riforma comporta un costo a regime pari a 5,1 miliardi (al netto dell’effetto sulle addizionali locali). In secondo luogo, la decontribuzione temporanea viene sostituita da due misure a carattere strutturale: un bonus destinato ai lavoratori dipendenti con reddito fino a 20.000 euro calcolato con aliquote differenziate sul reddito imponibile e un’ulteriore detrazione per lavoro dipendente pari a 1.000 euro in corrispondenza di redditi tra 20.000 e 32.000 euro per poi diminuire progressivamente fino ad azzerarsi a 40.000 euro. Dal bonus deriva un beneficio medio di 490 euro per circa 9 milioni di contribuenti; dall’ulteriore detrazione discende un beneficio medio di 870 euro per altri 9 milioni di contribuenti.

Ne consegue un nuovo assetto dell’Irpef caratterizzato da un significativo orientamento redistributivo, con particolare attenzione al sostegno dei redditi da lavoro dipendente medio-bassi. Al tempo stesso, emerge un sistema articolato nella sua struttura, che potrebbe richiedere ulteriori interventi di razionalizzazione nel futuro per ottimizzarne il funzionamento complessivo.

Nel complesso, l’analisi degli effetti distributivi mostra una concentrazione dei benefici sul lavoro dipendente, con impatti differenziati per categoria professionale. Gli operai ricevono un beneficio medio di 692 euro, pari al 4,1 per cento del reddito, mentre per gli impiegati il vantaggio si attesta a 766 euro, corrispondente al 2,4 per cento del reddito. I dirigenti, i pensionati e i lavoratori autonomi registrano benefici più contenuti, rispettivamente di 280, 118 e 165 euro.

La riforma aumenta le già ampie differenze nel trattamento fiscale delle diverse categorie di contribuenti (dipendenti, pensionati e autonomi) che tuttavia si annullano per redditi superiori a 50.000 euro. La compresenza di tre strumenti per la riduzione del prelievo sul lavoro dipendente, che interagiscono tra loro in modo articolato, produce un’architettura fiscale complessa e difficilmente intellegibile per i suoi destinatari.

Si osserva una maggiore incidenza dei benefici sui decili più bassi del reddito familiare, pur mantenendo un impatto significativo sui decili intermedi, con il 40 per cento delle risorse complessive che affluisce ai primi cinque decili.

Il DDLB interviene anche sulle detrazioni fiscali per oneri, introducendo un nuovo meccanismo di contenimento per i contribuenti con reddito superiore a 75.000 euro. A regime, quando tutti i ratei delle spese pluriennali saranno soggetti alle nuove limitazioni, sarebbero interessati dai tagli circa il 28 per cento dei contribuenti con oltre 75.000 euro (circa 312.000 soggetti) e circa il 40 per cento di quelli con reddito oltre i 100.000 euro. Nel complesso, circa il 49 per cento della spesa risulterebbe indetraibile, pari a 3,1 miliardi, di cui 0,6 relativi ai contribuenti nella fascia tra 75.000 e 100.000 euro (circa il 28 per cento delle spese) e 2,5 nella fascia superiore (circa il 60 per cento). Il limite alle spese detraibili complessive non opera una razionalizzazione selettiva, ma piuttosto un taglio lineare di agevolazioni diverse per tipologia e finalità. Sebbene la riforma costituisca un passo nella direzione del contenimento delle spese fiscali (tax expenditures), occorrerebbe un approccio più organico alla loro razionalizzazione, anche per evitare di aumentare la complessità del sistema.

Sui redditi di natura finanziaria il DDLB amplia l’eterogeneità delle aliquote di imposta in modo esplicito, innalzando al 42 per cento l’aliquota d’imposta sui guadagni derivanti dalle cripto-attività, o implicitamente, rendendo permanente la possibilità di rivalutare il costo di acquisto delle partecipazioni e dei terreni pagando un’imposta sostitutiva del 16 per cento.

Le misure per le imprese si collocano con difficoltà nell’ambito di quanto previsto dalla legge delega di riforma del sistema tributario. Le misure più rilevanti, che permettono di anticipare 3,5 e 1,9 miliardi di gettito rispettivamente nel 2025 e nel 2026, riguardano banche e assicurazioni. Dispongono sostanzialmente solo una diversa ripartizione temporale del gettito e al più comportano per le imprese una minore disponibilità di cassa, che potrà essere recuperata dal 2027, e un costo sul rendimento atteso. Vi è il rischio che la Relazione tecnica sottostimi il minore gettito atteso dal 2027, quando le quote potranno essere recuperate. Il DDLB inoltre prevede la proroga per soli due anni dell’incentivo all’occupazione e dopo l’abrogazione dell’ACE non è ancora delineato il nuovo incentivo agli investimenti previsto nella legge delega e, più in generale, un meccanismo che ristabilisca la neutralità fiscale delle fonti di finanziamento. Nel complesso, le misure appaiono frammentarie e per lo più orientate al finanziamento della manovra.

 

Sanità, pensioni e natalità

Nonostante la manovra preveda un rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN) per importi crescenti (da 1,3 miliardi del 2025 a 8,9 dal 2030, comprensivi delle risorse per i rinnovi contrattuali), il tasso di crescita del finanziamento resta sempre inferiore a quello del PIL nominale programmatico. Eventuali modifiche per aumentare gli stanziamenti richiederebbero riduzioni di altre voci di spesa o interventi discrezionali di aumento delle entrate. In termini di incidenza sul PIL la spesa sanitaria tornerebbe nel 2026 al 6,4 per cento (livello pre-pandemia). Considerando che la stessa spesa è prevista crescere a un tasso superiore a quello del finanziamento del SSN, vi è il rischio di un significativo aumento del disavanzo dei servizi sanitari regionali, anche oltre il 2027.

Malgrado la principale criticità del SSN risieda attualmente nella carenza di personale, non sono finanziate nuove assunzioni. Vengono disposti il finanziamento delle prossime tornate contrattuali e l’incremento di una serie di indennità. Un altro gruppo di misure è a favore di alcuni soggetti privati che operano nella sanità e nel campo della farmaceutica. Inoltre, si interviene sul riparto del finanziamento tra le Regioni, plausibilmente favorendo quelle con Servizi sanitari regionali più forti.

Per il capitolo pensioni, tra i vari interventi, il DDLB conferma i principali canali temporanei di uscita anticipata dal mercato del lavoro e introduce un incentivo fiscale per la permanenza al lavoro oltre il raggiungimento dei requisiti ordinari di pensionamento, la cui efficacia dipenderà anche dal modo in cui gli stessi lavoratori risponderanno agli incentivi. La riconferma di condizioni stringenti per l’accesso alle misure di flessibilità in uscita prefigura un’adesione limitata, soprattutto, per Opzione donna e Quota 103. L’esenzione da imposta dei contributi ricevuti in busta paga conferisce una maggiore appetibilità alla misura diretta all’allungamento della vita lavorativa rispetto agli interventi dell’ultimo biennio. La relazione molto stretta tra minori contributi oggi e minori pensioni in futuro, vigente nel sistema contributivo italiano, rende infatti decisiva l’esenzione fiscale introdotta per il 2025 nella valutazione di convenienza del provvedimento.

Il DDLB destina risorse crescenti, circa un miliardo l’anno a regime, al finanziamento di politiche di sostegno alla natalità e di supporto alla prima infanzia. Viene reintrodotto il bonus nascite e viene esteso il supporto per il pagamento delle rette degli asili nido e delle forme di assistenza domiciliare. Le misure ridisegnano il profilo dei sostegni economici alle famiglie con bambini e un ISEE non superiore a 40.000 euro, sovrapponendosi all’assegno unico e universale nel caso del bonus nascite e accorpando le fasce ISEE per l’erogazione del bonus asili nido. Viene rafforzato il congedo parentale.

 

Enti territoriali

La manovra interessa gli Enti territoriali su due livelli: misure che assicurano il loro contributo ai saldi di finanza pubblica e all’osservanza delle nuove regole UE, e norme per il rafforzamento di alcune tipologie di spesa corrente (FSC, Fondo assistenza ai minori, funzioni fondamentali dei Comuni e trasporto pubblico locale).

Per la spesa corrente, gli effetti restrittivi del contributo alla finanza pubblica nel periodo di programmazione sono in gran parte compensati per il complesso dei Comuni dall’aumento del FSC e del tutto neutralizzati per le Province e Città metropolitane dall’incremento delle risorse per le funzioni fondamentali. Per la spesa in conto capitale, gli effetti netti sono invece nell’insieme negativi in quanto l’atteso utilizzo degli accantonamenti imposti dal contributo alla finanza pubblica non appare sufficiente a compensare il definanziamento dei programmi di investimento.

La manovra può anche determinare una significativa redistribuzione di risorse all’interno del comparto. Una parte significativa dei definanziamenti riguarda risorse con quote riservate al Mezzogiorno e ai piccoli Comuni, ma la spesa in conto capitale sostenuta con eventuali avanzi accantonati dagli Enti territoriali potrebbe non replicare tali vincoli. I criteri di riparto del contributo alla finanza pubblica e del finanziamento aggiuntivo del FSC dovrebbero essere coerenti con i fabbisogni infrastrutturali e le esigenze di finanziamento delle funzioni fondamentali e dei LEP. Si rischia che la stretta sulla spesa corrente si traduca nell’accumulazione nei bilanci degli Enti locali di risorse vincolate o in un loro utilizzo inefficiente, con possibili benefici per i saldi di finanza pubblica ma a discapito delle opportunità di crescita delle comunità locali.

Inoltre, per evitare che venga messo a rischio il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei LEP, è auspicabile che il riparto del contributo dei fondi perequativi basati sui fabbisogni standard e sulla capacità fiscale sia coerente con i criteri che regolano tali fondi.