Audizione dell’UPB nell’ambito dell’esame del DEF 2020

 

Il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) Giuseppe Pisauro è stato ascoltato oggi in audizione informale dagli Uffici di presidenza delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta, nell’ambito dell’esame preliminare del Documento di economia e finanza (DEF) 2020 e dell’esame della Relazione al Parlamento, ai sensi della L. 243/2012.

 

Lo scenario macroeconomico tra incertezza e rischi ‒ Il presidente Pisauro ha illustrato le ragioni che, alla luce delle informazioni disponibili, hanno condotto l’UPB a validare le previsioni tendenziali per gli anni 2020-21 trasmesse dal MEF il 3 aprile. La validazione discende principalmente dalla considerazione che le previsioni macroeconomiche si collocano in un intervallo accettabile, definito dalle diverse stime del panel UPB (CER, Prometeia, REF.ricerche); occorre tuttavia tener conto che questi intervalli sono dilatati dai fortissimi elementi di incertezza, indotti dall’unicità dall’evento pandemico per il quale manca un precedente storico su cui fare riferimento. Ne consegue un grado di aleatorietà straordinariamente elevato sulle prospettive di breve periodo e un’estrema variabilità che circonda le previsioni macroeconomiche, in quanto gli scostamenti tra le previsioni del panel sono i più elevati mai registrati nella storia dell’UPB: lo scarto tra estremo superiore e inferiore delle previsioni sul PIL del panel è superiore ai tre punti percentuali per quest’anno e a due per il prossimo.

 

Lo scenario macroeconomico di medio termine dell’economia italiana appare circondato da un’incertezza senza precedenti e condizionato da rischi prevalentemente orientati al ribasso: rischi sanitari, determinati da un’ulteriore recrudescenza dell’epidemia COVID-19; rischi di un più marcato deterioramento del contesto internazionale; rischi di nuove tensioni finanziarie quando si allenteranno gli stimoli fiscali e monetari. Questi fattori portano a valutare scenari macroeconomici per l’Italia alternativi a quelli delle previsioni di base sul 2020-21 utilizzate dal panel UPB per la validazione del quadro del MEF. Se si materializzassero eventi avversi, possibili ma non considerati nelle previsioni di base, queste ultime peggiorerebbero anche significativamente.

 

A tale riguardo, il panel UPB ha svolto un esercizio con scenari sfavorevoli, sia globali sia nazionali. Tali scenari sono stati incorporati nei quadri macroeconomici a seconda delle specifiche valutazioni effettuate dai singoli istituti sugli shock e attraverso i diversi strumenti quantitativi in uso nei rispettivi istituti che compongono il panel: 1) nel complesso la diminuzione del PIL di quest’anno risulterebbe compresa tra quasi dieci e poco meno di quindici punti percentuali; nel 2021 l’attività riprenderebbe a crescere, sebbene in misura moderata e ancora assai differenziata tra i previsori. L’incremento percentuale sarebbe più forte nei quadri in cui la recessione stimata per quest’anno è più intensa. In termini di livelli produttivi, l’anno prossimo essi sarebbero inferiori a quelli del 2019 per circa sette punti percentuali nella media dei diversi scenari del panel.

 

L’impatto COVID-19 sulla finanza pubblica ‒ L’emergenza sanitaria, il conseguente impatto sull’attività economica e i provvedimenti sinora emanati per far fronte alla situazione eccezionale condizionano gli andamenti della finanza pubblica, interrompendo la tendenza al ridimensionamento del disavanzo osservata negli anni passati e in particolare nel 2019. Le previsioni a legislazione vigente contenute nel DEF, limitate al biennio 2020-21, mostrano un rapido aumento del disavanzo pubblico per l’anno in corso e una successiva riduzione, dovuta al carattere straordinario delle misure disposte per contrastare l’impatto del COVID-19 e alla presenza delle clausole di salvaguardia su IVA e accise, nonché all’attesa ripresa delle attività economiche.

 

Il DEF non espone uno scenario programmatico, riportando invece indicazioni su un quadro di finanza pubblica con nuove politiche che recepisce gli effetti di un decreto legge che il Governo si accinge a sottoporre al Parlamento per rafforzare ed estendere nel tempo le misure disposte dal DL 18/2020. L’impatto finanziario del nuovo decreto farebbe salire l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche dal 7,1 indicato nello scenario tendenziale al 10,4 per cento del PIL nel 2020 e dal 4,2 al 5,7 nel 2021. In valori assoluti, il decreto è destinato a peggiorare il disavanzo di 55,3 miliardi nel 2020, sempre rispetto allo scenario tendenziale, e di 26,2 miliardi nel 2021 (19,8 dovuti alla soppressione degli aumenti di IVA e accise), comprensivi dei maggiori interessi derivanti dagli effetti del decreto stesso. Nel 2021 sono comprese anche ulteriori misure rispetto all’eliminazione delle clausole, con un impatto di incremento del disavanzo di circa 5 miliardi.

 

Qualora si considerasse lo scenario avverso contenuto nel DEF, di una contrazione del PIL reale più accentuata nel 2020 (-10,6 per cento invece del -8,0) e di una minore crescita nel 2021 (+2,3 invece del +4,7), si accrescerebbero i livelli di disavanzo e debito tendenziali e anche quelli derivanti dalle nuove politiche. Anche la previsione di finanza pubblica appare quindi esposta a rischi elevati.

 

L’indebitamento netto e il debito con nuove politiche sono stimati in rapporto al PIL tendenziale, che tuttavia nel 2021 tiene conto degli aumenti di gettito previsti dalle clausole di salvaguardia a legislazione vigente. Nel DEF si sottolinea che l’utilizzo del PIL tendenziale implica una valutazione prudenziale relativamente al deficit e al debito delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL stesso del 2021, in quanto la disattivazione degli aumenti delle imposte indirette dovrebbe comunque comportare un aumento del PIL nominale.

 

Gli effetti complessivi del decreto – che si estendono nel 2021 anche per interventi diversi dalla disattivazione delle clausole di salvaguardia ‒ sono differenziati sui diversi saldi dei conti pubblici, in base alle norme di contabilità nazionale e finanziaria. Al netto della spesa per interessi aggiuntiva, l’impatto è pari a 55 miliardi (3,3 per cento del PIL) nel 2020 e a 24,85 (1,4 per cento del PIL) nel 2021 in termini di indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, a 65 miliardi (3,9 per cento del PIL) e a 25 miliardi in termini di fabbisogno delle stesse amministrazioni e a 155 miliardi (9,3 per cento del PIL) e a 25 miliardi in termini di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato.

 

Secondo lo scenario con nuove politiche, nell’anno in corso il rapporto del debito sul PIL dovrebbe aumentare al 155,7 per cento di PIL, più elevato di quasi 21 punti percentuali rispetto al 2019, mentre nel 2021 dovrebbe scendere al 152,7 per cento. Secondo il Governo, negli anni successivi al biennio 2020-21, il rapporto tra il debito e il PIL, dovrebbe essere ricondotto verso la media dell’area dell’euro nel prossimo decennio, attraverso una strategia di rientro basata sul conseguimento degli avanzi primari di bilancio e di rilancio degli investimenti pubblici e privati.

 

Gli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE: due scenari alternativi ‒ Le emissioni lorde dei titoli di Stato nel 2020 sono previste pari a 550 miliardi, a copertura di un fabbisogno stimato in 191 miliardi e dell’ammontare dei titoli in scadenza stimato in 372 miliardi, al netto dell’utilizzo del conto disponibilità del Tesoro per circa 13 miliardi come previsto dal DEF. Grazie alle emissioni di titoli di Stato già effettuate nel corso di quest’anno, il MEF ha già raccolto quasi 180 miliardi sul mercato. Nonostante le tensioni sui mercati finanziari registrate a partire dalla fine di febbraio, le aste degli ultimi due mesi hanno raccolto una buona domanda da parte degli investitori, seppur con rendimenti in aumento rispetto all’inizio dell’anno. Per esempio, nel collocamento dual tranche di un nuovo BTP a 5 anni e la riapertura del BTP a 30 anni dello scorso 21 aprile tramite sindacato sono stati emessi in totale 16 miliardi, a fronte di una domanda complessiva per i due strumenti di oltre 110 miliardi. L’UPB ha stimato il possibile impatto del programma di acquisiti della BCE sul mercato dei titoli di Stato italiani sulla base di alcuni scenari relativi al possibile ammontare degli acquisti dell’Eurosistema destinati ai titoli pubblici italiani. Da questa stima è possibile valutare quale sarà l’ammontare dei flussi netti di titoli che dovranno essere assorbiti dagli investitori privati.

 

In un primo scenario, che si basa su quanto osservato nel precedente programma della BCE (in vigore da marzo 2015 a dicembre 2018), si ipotizza che circa l’85 per cento del totale del programma di acquisti di attività da parte della BCE sia destinato ai titoli governativi mentre il resto è dedicato ai titoli emessi dal settore privato. Applicando la quota dell’Italia sul capitale della BCE (capital key), pari a circa il 17 per cento, gli acquisti dei titoli di Stato italiani da parte della BCE sono stimati in circa 195 miliardi (di cui 34 miliardi di reinvestimento del capitale rimborsato sui titoli in scadenza), ovvero il 35 per cento del totale delle emissioni lorde del Tesoro. In questo scenario, le emissioni lorde dei titoli di Stato al netto degli acquisti della BCE sul mercato secondario ammonterebbero a 355 miliardi, con un importo complessivo di titoli che il settore privato dovrà assorbire inferiore a quella dello scorso anno (quando la corrispondente stima è di 384 miliardi).

 

Nel secondo scenario, si considera l’ipotesi estrema in cui tutto il programma di acquisti futuri della BCE sia destinato ai titoli governativi. In questo caso, l’ammontare totale degli acquisti salirebbe a 223 miliardi (circa 28 miliardi in più rispetto allo scenario precedente), ovvero il 41 per cento del totale delle emissioni lorde del Tesoro. In questo scenario, le emissioni lorde al netto degli acquisti della BCE nel mercato secondario sarebbero pari a 327 miliardi; le emissioni nette al netto degli acquisti della BCE diventerebbero negative per 1 miliardo. Si noti che sia in questo scenario sia in quello precedente la quota di titoli di Stato detenuta dal settore privato si ridurrebbe a fine anno.

 

La Relazione al Parlamento ‒ Con la nuova Relazione al Parlamento, ai sensi della L. 243/2012, il Governo richiede l’autorizzazione a modificare il profilo di finanza pubblica, dal momento che è necessaria l’adozione di ulteriori misure non solo per l’anno 2020, ma anche per quelli successivi, per contrastare le ripercussioni sul sistema sociale e sul tessuto produttivo che potrebbero non esaurirsi nell’anno in corso. Di qui l’esigenza di rafforzare, con un nuovo provvedimento di prossima approvazione le misure fin qui adottate per il sostegno e rilancio dell’economia da finanziare anch’esse in disavanzo. L’esistenza delle circostanze eccezionali connesse con l’emergenza COVID-19 giustifica la richiesta di spazi aggiuntivi per fronteggiare le ulteriori necessità del 2020.

 

Lo scostamento totale dell’indebitamento netto, per il quale si chiede l’autorizzazione alle Camere, rispetto al profilo precedente sarebbe di ulteriori 55,33 miliardi di euro nel 2020, di 26,30 miliardi di euro nel 2021, di 34,9 miliardi di euro nel 2022, 36 miliardi nel 2023 e proseguirebbe negli anni successivi. Si osserva che per gli anni successivi al 2020, l’autorizzazione richiesta sia superiore a quanto sarebbe implicato dall’eliminazione delle clausole IVA e accise (5 miliardi nel 2021, circa 6 miliardi stimabili per gli anni successivi). Nella sua Audizione sul DEF 2020, il Ministro dell’economia e delle finanze ha annunciato che si tratta di specifici incentivi per il sostegno degli investimenti per il periodo 2021-2031.

 

Tra i nuovi interventi figura la disattivazione completa delle clausole di salvaguardia (incremento delle aliquote IVA e delle accise) per il 2021 e gli anni successivi. Tale scelta appare in linea con le osservazioni riportate in più occasioni dall’Ufficio parlamentare di bilancio durante le Audizioni in Parlamento e nei vari documenti pubblicati. Data la consuetudine, in ciascuna sessione di bilancio, di disattivare in disavanzo le clausole nel primo anno di programmazione, una impostazione che non incorpora le maggiori entrate future appare più trasparente e credibile rispetto a un quadro che le comprende ma è accompagnato dall’impegno politico a eliminarle. Per rafforzare queste considerazioni sulla trasparenza, giova sottolineare che il disavanzo e il debito che si creano come conseguenza della disattivazione delle clausole non corrispondono a uno spazio costituito per nuove politiche ma di fatto riflettono la dinamica delle politiche adottate in passato.

 

Al termine del periodo di emergenza eccezionale, la politica di bilancio italiana si confronterà con una situazione dei conti gravata dagli interventi straordinari varati e dal crollo delle entrate dovuto alla crisi economica, in un quadro futuro non più schermato dalla presenza delle clausole. L’azione di bilancio in questo quadro peggiore ma più trasparente – rispetto all’eredità delle politiche passate – dovrà operare scelte di priorità per garantire la graduale ricostituzione di un avanzo primario che consenta di ridurre nel tempo il debito, seppure in un ambito di stabilizzazione dell’economia, anche coerentemente con il quadro di regole di bilancio nazionali ed europee.