Flash n. 2 / 6 aprile 2016

Orizzonti temporali nella stima dell’output gap

 

 

La scorsa settimana la stampa ha diffuso una lettera del Ministro dell’Economia e delle finanze dell’Italia e di altri sette Ministri della UE (Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna) al Vicepresidente della Commissione europea e al Commissario per gli Affari economici, nella quale si chiede di uniformare l’orizzonte previsivo della Commissione (attualmente di due anni e, quindi, esteso al 2017 nelle prossime Spring forecasts) a quello che i paesi membri sono tenuti a rispettare nei loro Programmi di Stabilità/Convergenza (quattro anni e, quindi, esteso al 2019 nel caso italiano del DEF/Programma di Stabilità di aprile). Utilizzando il metodo concordato a livello della UE per la stima del prodotto potenziale e dell’output gap (differenza percentuale tra PIL effettivo e potenziale), la previsione su un arco di tempo di quattro anni conduce a una stima del PIL potenziale più alta e conseguentemente a una stima dell’output gap peggiore (cioè più negativa) rispetto a quelle che si ottengono considerando un orizzonte di due anni. Ciò determina, a sua volta, una correzione per il ciclo economico maggiore e, quindi, un saldo strutturale di finanza pubblica migliore nelle stime sull’orizzonte 2019 rispetto a quelle sull’orizzonte 2017.

 

Il motivo di queste differenze è essenzialmente dovuto al fatto che la procedura concordata in sede europea prevede una regola automatica di chiusura dell’output gap tre anni dopo la fine dell’orizzonte di previsione. Quindi, a parità di quadro macroeconomico, il calcolo in base a un orizzonte previsivo più breve, come è quello della Commissione europea rispetto al Governo, risulta più sfavorevole nelle fasi negative del ciclo poiché induce una più rapida chiusura del divario tra output effettivo e potenziale. Oltre a ciò, nel calcolo del potenziale si utilizzano procedure di filtro statistico, più o meno complesse, per estrarre le tendenze di lungo periodo dalle variabili rilevanti da stimare che risentono dell’ampiezza e del profilo di crescita negli anni di previsione. Anche la scelta dei parametri statistici ottimali per il calcolo della disoccupazione strutturale e della produttività può essere influenzata dall’orizzonte temporale.

 

Per esemplificare la portata della questione sollevata dalla lettera, viene qui applicata la procedura concordata a livello UE per stimare crescita potenziale e output gap alla previsione della NADEF dello scorso settembre, rispettivamente nell’ipotesi di un orizzonte previsivo che si ferma al 2017 (due anni, come nei quadri della Commissione) e in quella di un orizzonte al 2019 (quattro anni, come nei documenti del Governo). Nella tabella 1 sono riportate le differenze in punti percentuali tra le due ipotesi. Come si vede, l’orizzonte previsivo più lungo (al 2019) comporta effettivamente una stima del potenziale più alta e una dell’output gap peggiore non solo in previsione, ma anche nel periodo “storico”. Secondo queste valutazioni, il livello del potenziale implicito nella previsione al 2019 è più elevato di quello della previsione al 2017 di quasi un decimo di punto all’anno tra il 2014 e il 2016, meno di cinque centesimi di punto nel 2017. La migliore evoluzione della crescita potenziale comporta, come conseguenza, un output gap peggiore per 0,2 punti percentuali nel 2014, 0,3 punti nel 2015 e circa 0,4 punti nel 2016 e 2017.

 

Tab. 1 – Crescita potenziale e output gap nella NADEF: differenze in punti percentuali tra la stima ottenuta

con la previsione al 2019 e la stima ottenuta con la previsione al 2017

Questa diversa evoluzione dell’output gap ha, come detto, ripercussioni sul livello del saldo strutturale di finanza pubblica (vale a dire del saldo di finanza pubblica depurato dagli effetti del ciclo e delle una tantum) utilizzato per le regole di bilancio. Per esempio, si può stimare che, a parità di tutto il resto, un output gap più negativo di 0,42 punti percentuali nel 2017 implicherebbe un miglioramento del livello del saldo strutturale pari a circa 0,2 punti percentuali. E’ tuttavia importante notare che la dinamica di aggiustamento del saldo strutturale nel 2017 rispetto all’anno precedente rimarrebbe molto simile nei due casi in quanto il livello del saldo strutturale migliorerebbe anche nel 2016, anche se in misura leggermente meno marcata (di poco più di 0,15 punti percentuali).