- Con il Piano strutturale di bilancio, maggiore responsabilità nazionale nella nuova governance
- La spesa primaria netta diventa indicatore unico per obiettivi pluriennali e monitoraggio annuale
- Nuove regole di bilancio permettono un minore aggiustamento nel medio termine
- Mantenere DEF e NADEF per il monitoraggio annuale, con struttura modificata e con informazioni più complete per il Parlamento
- Necessario aumentare il set informativo messo a disposizione dell’UPB
- Per le Amministrazioni locali il controllo di spesa assicuri funzioni fondamentali e LEP
7 maggio 2024 | La Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Lilia Cavallari ha tenuto oggi un’audizione sulle implicazioni della riforma della governance UE per la gestione e le procedure nazionali di finanza pubblica, presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato in seduta congiunta.
Nell’approfondita memoria per le Commissioni, l’UPB ha fornito gli elementi di riforma del quadro di regole di bilancio della UE, un confronto di scenari di finanza pubblica tra nuove regole e quella precedente relativa all’obiettivo di medio termine (OMT), un’analisi delle implicazioni per i documenti programmatici nel nuovo schema di semestre europeo e degli aggiornamenti necessari su norme e procedure nazionali. Infine, l’UPB dedica un capitolo ai possibili scenari di applicazione della riforma sulle Amministrazioni locali.
Tra gli elementi più significativi della nuova governance UE in vigore dallo scorso 30 aprile, la Presidente Cavallari ha ricordato come i Piani nazionali strutturali di bilancio (PSB) costituiscano ora il principale strumento di programmazione pluriennale e come siano modificate le regole di bilancio e le procedure di coordinamento europee. In particolare, il percorso di aggiustamento di bilancio deve garantire la riduzione plausibile del debito verso livelli prudenti nel medio termine; inoltre, nel periodo di aggiustamento (esclusi gli anni in cui lo Stato membro si trovi in procedura per disavanzi eccessivi, PDE), il debito dovrà diminuire in media annuale di 1 punto percentuale di PIL fin tanto che il rapporto rimane al di sopra del 90 per cento; infine, il consolidamento dovrà eventualmente proseguire oltre il percorso di aggiustamento fino a quando il disavanzo strutturale non sia inferiore all’1,5 per cento del PIL. Nel caso lo Stato membro si trovi in PDE, il consolidamento deve essere tale da migliorare il saldo complessivo strutturale di almeno mezzo punto percentuale all’anno. Nel triennio di transizione 2025-27, è previsto che per i paesi in PDE “si tenga in considerazione” l’aumento della spesa per interessi in rapporto al PIL; quindi, l’aggiustamento richiesto di almeno mezzo punto percentuale di PIL si applica al saldo primario strutturale e non a quello complessivo. Il percorso di rientro può estendersi da quattro a sette anni se il paese si impegna su un programma di riforme e investimenti che favoriscano la crescita potenziale e rafforzino le priorità della UE.
La spesa primaria netta diventa l’indicatore unico per il percorso di aggiustamento, escludendo dalla spesa complessiva la spesa per interessi, i trasferimenti ricevuti dalla UE per programmi europei, le spese di co-finanziamento nazionale sostenute per i progetti finanziati dalla UE, le spese legate alla componente ciclica dei sussidi di disoccupazione e l’impatto delle una tantum e delle altre misure temporanee. Inoltre, l’indicatore è calcolato al netto dell’impatto delle misure discrezionali dal lato delle entrate.
Nell’ambito della riforma, le istituzioni di bilancio indipendenti (Independent Fiscal Institutions, IFIs) dei paesi dell’area dell’euro come l’UPB mantengono il medesimo ruolo di validazione delle previsioni macroeconomiche dei documenti programmatici e monitoraggio delle regole di bilancio nazionali; viene anche rafforzato il loro ruolo nel monitoraggio e analisi della finanza pubblica sia nella parte preventiva, in quanto ora lo Stato membro può chiedere all’IFI di fornire una valutazione ex post sul rispetto del sentiero di spesa primaria netta concordato con il Consiglio, sia nella parte correttiva, giacché lo Stato in procedura di disavanzo eccessivo può invitare l’IFI a presentare una relazione indipendente e non vincolante sull’adeguatezza delle misure correttive adottate rispetto alle raccomandazioni del Consiglio della UE.
L’impatto di vecchie e nuove regole sul consolidamento dei saldi di bilancio
Da un confronto realizzato dall’UPB tra gli effetti delle precedenti regole di consolidamento dei saldi di bilancio, che richiedevano la convergenza all’OMT, e le nuove, che consentono un aggiustamento pluriennale su sette anni, emerge come queste ultime prevedano un aggiustamento annuale uguale o inferiore e che inoltre le regole previgenti avrebbero stabilito ulteriori aggiustamenti anche dopo il 2031, fino al raggiungimento dell’OMT.
Infatti, negli esercizi di convergenza verso l’OMT, l’aggiustamento annuale del saldo strutturale complessivo è pari ad almeno 0,5 punti percentuali di PIL negli anni 2025-28 in cui l’indebitamento netto è superiore al 3 per cento e, quindi, la PDE è aperta; negli anni successivi, l’entità della riduzione annuale del disavanzo strutturale è di 0,6 punti percentuali di PIL nel caso di “condizioni cicliche normali” (ovvero con un output gap nell’intervallo compreso tra -1,5 e 1,5 per cento del PIL potenziale). Con tali aggiustamenti, il consolidamento proseguirebbe fino al 2034, quando l’OMT verrebbe conseguito. Invece, nello scenario compatibile con la nuova governance della UE, il consolidamento minimo richiesto sarebbe pari a un aggiustamento annuale del saldo primario strutturale di 0,5 o 0,6 punti percentuali di PIL in sette anni, tra il 2025 e il 2031. Quindi, le regole attuali richiederebbero un minore aggiustamento rispetto alle regole previgenti, soprattutto nel medio termine. L’evoluzione a legislazione vigente dell’indebitamento netto in rapporto al PIL riportata nel DEF per il triennio 2025-27 appare coerente con le indicazioni dell’accordo finale sul quadro di regole della UE in entrambi gli scenari.
I cambiamenti per il ciclo di programmazione e per le norme nazionali
Tra le principali innovazioni della nuova governance, c’è il passaggio da regole numeriche di bilancio uniformi per tutti gli Stati membri a regole che tengono conto delle caratteristiche macro-finanziarie specifiche di ciascun paese in un contesto di rafforzata programmazione di medio termine, consentendo ai paesi una certa discrezionalità sulle azioni da intraprendere e alle istituzioni europee di guidare e monitorare il rispetto degli impegni all’interno del Semestre europeo.
Il PSB diventa il fulcro della programmazione di finanza pubblica, da presentare entro fine aprile ogni cinque anni, in linea con la durata della legislatura. Dovrà dunque essere introdotto nella normativa nazionale come documento programmatico nuovo, mentre si richiede agli Stati membri ogni anno, entro il 30 aprile, una Relazione sullo stato di attuazione del Piano. In questo nuovo schema, DEF e NADEF, secondo l’UPB, dovrebbero essere mantenuti anche se parzialmente modificati, in particolare per quanto riguarda contenuti e struttura delle diverse Sezioni del DEF, soprattutto per fornire al Parlamento elementi utili di valutazione annuale degli andamenti di finanza pubblica nel contesto di una rafforzata programmazione.
La prima parte del DEF potrebbe contenere le informazioni a consuntivo richieste dalla Relazione annuale sullo stato di attuazione del PSB. La seconda parte conterrebbe la stima degli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica per l’anno in corso e l’aggiornamento delle previsioni tendenziali per gli anni successivi, a confronto con i corrispondenti obiettivi programmatici previsti nel PSB. In caso di sforamento degli obiettivi, dovrebbe riportare una descrizione e quantificazione preliminare delle principali misure di spesa e di entrata che il Governo intende attuare a correzione. Inoltre, la presentazione di previsioni tendenziali di finanza pubblica a legislazione vigente dovrebbe essere accompagnata anche da previsioni a politiche invariate, con un contenuto informativo più ampio di quanto finora pubblicato. La terza parte, infine, porterebbe informazioni di dettaglio sulle tendenze della finanza pubblica, come nell’attuale Sezione II del DEF.
Dal punto di vista più strettamente normativo, sarebbe opportuno eliminare dalla legge 243 del 2012 i riferimenti all’OMT e rafforzare il rinvio “mobile” delle norme all’ordinamento europeo, mentre il concetto di equilibrio dei bilanci delle Amministrazioni pubbliche potrebbe fare riferimento agli obiettivi di finanza pubblica del Piano che sono definiti attraverso la traiettoria della spesa primaria netta finanziata con risorse nazionali. Inoltre, l’orizzonte di programmazione economica nazionale, attualmente calibrata su un triennio, dovrà estendersi su almeno cinque anni.
Per quanto riguarda il ruolo dell’UPB, che contribuisce a garantire trasparenza e credibilità delle previsioni attraverso la valutazione e la validazione delle previsioni macroeconomiche sottostanti alla programmazione di bilancio, le norme vigenti sono già coerenti con le nuove regole europee. Tuttavia, stante l’ulteriore importanza data alla fase di monitoraggio ex ante ed ex post dei Piani, il set informativo che dovrà essere messo a disposizione dell’UPB dovrà essere aggiornato.
Sempre alla luce della nuova governance europea, sottolinea l’UPB nella sua audizione, le procedure italiane già previste dalla legge 196 del 2009 dovrebbero essere rafforzate o rese più trasparenti, in particolare sul controllo e monitoraggio dei conti pubblici e sulla predisposizione delle previsioni a politiche invariate. Il contenuto informativo dei documenti programmatici dovrebbe essere arricchito e ciò aumenterebbe la trasparenza sulla priorità delle scelte di bilancio e rafforzerebbe il ruolo del Parlamento. In particolare, l’UPB indica le carenze informative relative all’articolazione per sottosettori degli obiettivi di bilancio e della manovra nel DEF e alla suddivisione della manovra per voci di entrata e di spesa nella NADEF. Tali carenze rendono difficile la comprensione del quadro di priorità strategiche della politica di bilancio e il realismo complessivo della strategia proposta in termini di sostenibilità macroeconomica e finanziaria. Ai fini della programmazione occorrerà anche potenziare le attività di valutazione delle politiche pubbliche e di revisione della spesa. In un contesto che fissa obiettivi di spesa primaria netta su un orizzonte pluriennale, solo eccezionalmente modificabili e con margini di deviazione modesti, la capacità di monitorare efficacemente in corso d’anno gli sviluppi di finanza pubblica assume infatti ancora maggiore importanza.
L’UPB ha sottolineato anche come dovrebbe essere rafforzato il ruolo delle previsioni a politiche invariate, da affiancare a quelle a legislazione vigente, per una valutazione più realistica dell’entità dell’eventuale manovra correttiva, oltre che per una maggiore confrontabilità con le proiezioni della Commissione europea.
Le nuove regole e le prospettive per le Amministrazioni locali
Risulta complicata l’applicazione delle nuove regole europee al complesso degli Enti territoriali. È necessario, da un lato, assicurare il coordinamento tra le nuove regole e quelle contabili sul pareggio di bilancio e, dall’altro, garantire che i vincoli sulla dinamica della spesa siano compatibili con il fabbisogno finanziario per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e per l’erogazione dei LEP.
Due gli scenari che vengono delineati, in linea teorica, per il controllo della spesa degli Enti territoriali. Il primo prefigura il mantenimento dell’attuale assetto basato su limiti all’indebitamento degli Enti territoriali nell’ambito dell’introduzione del monitoraggio della regola della spesa per il complesso delle Amministrazioni pubbliche: una strada che sarebbe percorribile se non vi fosse il rischio che gli Enti territoriali possano incrementare significativamente la spesa con aumenti delle entrate non riconducibili a misure discrezionali, rischio tanto maggiore quanto più elevata è la variabilità delle entrate di questi Enti. L’impatto sulla spesa della componente ciclica delle entrate potrebbe essere sterilizzato attraverso la revisione periodica delle compartecipazioni e dei trasferimenti ma sempre assicurando il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei LEP. Sarebbe quindi opportuno che il Piano strutturale di bilancio definisca, insieme al tasso di crescita complessivo della spesa netta, anche quello delle spese associate a tali funzioni e ai LEP. Tra i requisiti necessari, anche un sistema ordinato di trasferimenti (con il completamento del federalismo fiscale) e la corretta previsione delle variazioni non discrezionali delle entrate, in particolare quelle extratributarie non direttamente legate all’andamento dell’attività economica.
Il secondo scenario consisterebbe nell’introdurre un vincolo diretto sul tasso di crescita della spesa degli Enti territoriali, con un monitoraggio ex ante ed ex post che rimarrebbe affidato alla Ragioneria generale dello Stato, che in caso di sforamenti potrebbe richiedere gli aggiustamenti necessari prima di autorizzare il ricorso all’indebitamento degli Enti. In questo caso, sono fondamentali sia indicatori affidabili basati su dati tempestivi, sia un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale per gli Enti territoriali, basato sulla competenza economica in linea con gli standard contabili nelle pubbliche amministrazioni internazionali ed europei (IPSAS/EPSAS). L’eventuale modifica della L. 243/2012 potrebbe limitarsi a definire l’indicatore da utilizzare per il monitoraggio della spesa netta degli Enti territoriali solo in termini generali, demandando alla legge ordinaria il compito di stabilirne i dettagli attuativi. Per i Comuni andrebbe anche valutata l’opportunità di prevedere procedure semplificate per gli Enti di minori dimensioni.
In entrambi gli scenari, dovrà essere garantita l’applicazione di meccanismi di monitoraggio e controllo, alle Regioni a statuto speciale e, in prospettiva, alle Regioni che accederanno all’autonomia differenziata, per le quali la revisione periodica delle compartecipazioni, prevista dal DDL sull’autonomia differenziata attualmente all’esame della Camera dei deputati, dovrà essere coerente con i limiti alla crescita della spesa netta. Una gestione delle compartecipazioni affidata esclusivamente a trattative bilaterali all’interno delle Commissioni paritetiche potrebbe infatti non garantire l’uniformità delle valutazioni e un adeguato coordinamento con la programmazione di bilancio.