Il presidente dell’UPB Giuseppe Pisauro è intervenuto oggi in audizione presso la Commissione Bilancio della Camera nell’ambito della discussione della legge di bilancio per il 2019. Pisauro ha illustrato i contenuti del Flash “La finanza pubblica dopo l’accordo con la Commissione europea” sottolineando che, a seguito del confronto successivo al preannuncio del rischio di apertura di una procedura per disavanzo eccessivo e in risposta ai rilievi della Commissione, il Governo, ha modificato in modo significativo l’entità e la composizione della manovra di bilancio nonché il quadro macroeconomico 2018-2021 indicato nel DPB. Nel suo intervento, il Presidente UPB ha quindi evidenziato le maggiori novità scaturite dall’intesa con le autorità di Bruxelles e recepite nel testo della legge di bilancio approvato al Senato, mettendone in rilievo gli effetti sugli andamenti dei principali aggregati macroeconomici e di finanza pubblica, la coerenza rispetto alle regole di bilancio, i più significativi elementi di criticità.
In sintesi i principali aspetti toccati nel corso dell’audizione.
Quadro macroeconomico – Rispetto al quadro macroeconomico programmatico della NADEF e recepito nel DPB – quadro non validato dall’UPB – il nuovo scenario macroeconomico ipotizzato dal Governo registra una revisione al ribasso delle previsioni di crescita: dall’1,2 all’1,0 per cento nel 2018; dall’1,5 all’1,0 per cento il prossimo anno.
Al fine di valutare la plausibilità del nuovo quadro macroeconomico, l’UPB ha svolto, utilizzando il proprio modello, un esercizio previsivo sul 2018-19. Il confronto tra il quadro di previsione macroeconomica del MEF e quello dell’UPB evidenzia uniformità di stime per il 2018, sia sulla crescita sia sulle variabili nominali. Per il 2019 anche se vi è uno scostamento sulla crescita reale del PIL, di 0,2 punti percentuali più elevata, la dinamica del PIL nominale è, tuttavia, coerente. In analogia con gli orientamenti passati, in virtù dei quali l’UPB ha considerato accettabili quadri con divergenze sulla crescita, ma allineati sulle dinamiche nominali, si ritiene che la previsione del MEF per il 2019 sia plausibile, pur presentando non trascurabili rischi di revisione al ribasso. Tali rischi risultano amplificati se si considerano le previsioni per il 2020 e il 2021.
Gli obiettivi di finanza pubblica e la manovra per il 2019 – Le nuove valutazioni relative alla crescita economica e all’impostazione della manovra comportano cambiamenti nei saldi di finanza pubblica, nominali – tendenziali e programmatici – e strutturali.
Il conseguimento dei nuovi obiettivi programmatici di finanza pubblica è esposto a una serie di elementi di criticità.
- Il quadro di finanza pubblica per il 2019 presenta caratteri di transitorietà (per una serie di interventi una tantum) e, soprattutto – come testimoniato dalla creazione di un accantonamento di 2 miliardi a garanzia della tenuta del saldo – di incertezza, in particolare riguardo al disegno effettivo e alla realizzabilità delle misure (ad esempio, dismissioni immobiliari).
- Le variazioni introdotte nell’iter parlamentare hanno modificato la qualità della manovra determinando un’inversione di segno nell’effetto netto complessivo sulla spesa per investimenti e contributi agli investimenti nel 2019: da un aumento di circa 1,4 miliardi inizialmente previsto si passa a una riduzione di circa un miliardo.
- Il raggiungimento del rapporto deficit/PIL nel biennio 2020-21 è interamente affidato alle clausole di salvaguardia su IVA e accise, già significative nel testo iniziale del DDL di bilancio e ora ulteriormente aumentate (23,1 miliardi per il 2020 e 28,8 per il 2021). In assenza delle clausole il deficit salirebbe al 3 per cento del PIL sia nel 2020 sia nel 2021. In pratica, rispetto al profilo iniziale del rapporto disavanzo/PIL al netto della clausola IVA, si passa da una sequenza 2019-2021 [2,4/ 2,8/2,6] a una [2,0/3,0/3,0], con evidenti rischi sulla sostenibilità futura della finanza pubblica.
- L’andamento del rapporto programmatico tra il debito pubblico e il PIL mostra un aumento nel 2018 rispetto all’anno precedente (dal 131,2 al 131,7 per cento di PIL) e una graduale riduzione nel 2019 (al 130,7 per cento) e nei due anni successivi (129,2 per cento nel 2020 e 128,2 nel 2021). Al contrario, in assenza della clausola IVA, nel biennio 2020-21, il rapporto debito/PIL riprenderebbe a salire sia pure leggermente.