Il Consigliere dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) Alberto Zanardi è stato ascoltato oggi in audizione dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati nell’ambito dell’esame dello Schema di decreto legislativo recante istituzione dell’assegno unico e universale (AU) per i figli a carico (Atto del Governo n. 333).
Dopo una breve descrizione delle principali caratteristiche del disegno del nuovo AU – la cui introduzione rappresenta un passo determinante per la razionalizzazione e la semplificazione degli strumenti vigenti di sostegno alla famiglie con figli – nella sua presentazione Zanardi ha in primo luogo esemplificato mediante alcune figure-tipo (che non riflettono la composizione della popolazione effettiva) gli effetti del passaggio dagli istituti vigenti (assegni familiari e detrazioni fiscali per figli a carico di età inferiore a 21 anni) al nuovo strumento. In particolare, si è concentrato su un nucleo familiare con capofamiglia lavoratore dipendente (e quindi beneficiario di entrambi gli strumenti vigenti) e descritto gli effetti teorici in presenza di differenti tipologie di figli, di un secondo percettore di reddito e di un patrimonio rilevante ai fini ISEE.
Dall’analisi emerge che l’AU è in generale più generoso delle misure vigenti e lo è anche in corrispondenza di redditi familiari elevati visto che l’importo non si azzera in corrispondenza di redditi medio alti (come invece accade per le misure vigenti). Il beneficio è particolarmente rilevante per i figli minorenni con disabilità, mentre il guadagno è più limitato per i maggiorenni. Nel passaggio, a parità di altre condizioni, da un nucleo monoreddito a uno bi-reddito, il nuovo regime diventa generalmente più favorevole di quello vigente per effetto della maggiorazione specifica; il vantaggio è inferiore per livelli di reddito familiare alti in corrispondenza dei quali la maggiorazione si annulla. La presenza di un patrimonio rilevante per l’ISEE (ossia superiore alle franchigie) rende, a parità di reddito familiare, il nucleo familiare più ricco ai fini dell’indicatore e ciò determina importi di AU più contenuti che lasciano i nuclei con patrimonio per lo più indifferenti o svantaggiati nel passaggio dal vecchio al nuovo regime. Maggiore è il patrimonio, più numerosi sono i casi in cui si manifesta una perdita.
In secondo luogo, con l’ausilio del modello di microsimulazione tax-benefit dell’UPB, è stato applicato l’AU alla popolazione effettiva (passaggio da figure-tipo a un campione rappresentativo della popolazione reale) per quantificarne il costo complessivo e gli effetti distributivi. Si è in particolare simulato l’anno 2023, anno per il quale il decreto legislativo prevede l’applicazione di una clausola di salvaguardia parziale alle famiglie (soltanto quelle con ISEE non superiore a 25.000 euro) che soffrano di una riduzione dei benefici rispetto al regime vigente (recupero di due terzi della variazione).
Nella valutazione dell’UPB il costo complessivo dell’introduzione dell’AU si attesta a poco più di 18 miliardi, di cui circa 6 di risorse aggiuntive rispetto a quelle attualmente erogate, in linea con quanto indicato nella Relazione tecnica del provvedimento. La misura riguarda quasi 7,3 milioni di nuclei familiari e 10,8 milioni di figli e apporta un beneficio medio per nucleo di poco più di 1.000 euro (quasi 700 per figlio). Il 92 per cento dei nuclei familiari coinvolti risultano avvantaggiati o indifferenti rispetto al regime vigente, in relazione al carattere universale dell’AU e, soprattutto, all’impiego di risorse aggiuntive.
L’analisi fornisce dettagli sulla distribuzione dei nuclei familiari potenziali percettori di AU rispetto a una serie di caratteristiche: il livello del reddito familiare e dell’ISEE, la tipologia prevalente del reddito del capofamiglia, la numerosità dei figli, la macro-area di residenza, il fatto di essere percettori o meno di una delle forme attuali di sostegno per i figli (detrazioni Irpef e/o assegni familiari). Tra i diversi risultati della simulazione, vanno evidenziati l’elevata quota di famiglie avvantaggiate e il rilevante ammontare del beneficio tra quelle che oggi sono escluse da qualsiasi misura di sostegno, a conferma del carattere universale dell’AU. Inoltre, emerge un beneficio relativamente generoso a favore delle famiglie numerose (con più di tre figli). In senso opposto, si rileva la penalizzazione in termini relativi per i nuclei con patrimonio al di sopra delle franchigie rilevanti per le ISEE.
Alla luce dei risultati emergono due considerazioni generali. In primo luogo, sarebbe opportuna una riflessione su un’eventuale riduzione del peso del patrimonio immobiliare nella definizione dell’ISEE ai fini della determinazione dell’AU. A parità di reddito familiare, la sola presenza di un’abitazione di residenza di proprietà con valori superiori alle franchigie dell’ISEE può ridurre anche sensibilmente l’AU rispetto a chi non la possiede. Tale riflessione diviene ancora più rilevante se si considerano l’attuale stato del catasto e le forti disomogeneità territoriali negli estimi catastali che si rifletterebbero in importi dell’AU differenziati territorialmente e anche all’interno del singolo Comune a parità di altre condizioni. In secondo luogo, anche alla luce di quanto appena detto, considerato il numero marginale di nuclei familiari svantaggiati dall’introduzione dell’AU (circa l’8 per cento del totale in presenza della clausola di salvaguardia pari a due terzi) e il contenuto importo medio della perdita (circa 300 euro annui), sarebbe altresì opportuno valutare di prolungare temporalmente ed estendere oltre i 25.000 euro di ISEE la clausola di salvaguardia totale prevista per il 2022. I costi annuali ammonterebbero a poche centinaia i milioni.
Infine, l’introduzione dell’AU richiede di affrontare due questioni che pongono problemi di coerenza nel sistema tax-benefit. Da un lato, il mantenimento del CUAF a carico dei soli lavoratori dipendenti appare incoerente con un assegno di tipo universale e pone pertanto l’opzione di una sua cancellazione e ricorso alla fiscalità generale oppure di una sua estensione a tutte le categorie di contribuenti che beneficiano dell’AU. Dall’altro, la permanenza dell’attuale regime per i figli maggiori di 21 anni a carico (detrazioni Irpef) determina una discontinuità nel trattamento tra i figli con meno e quelli con più di 21 anni che potrebbe essere superata estendendo anche a questi ultimi (entro una certa età) l’AU ma con ammontari decrescenti al crescere degli anni del figlio a carico.