Focus n. 5/2025 “Le prospettive della Global Minimum Tax dopo l’accordo del G7”

Testo integrale
Stampa sintesi
Comunicato stampa

21 ottobre 2025 | Questo Focus approfondisce le conseguenze immediate dell’accordo stipulato dal G7 nel giugno scorso che ha sancito l’esclusione dei gruppi multinazionali residenti negli Stati Uniti dalle regole della imposta minima globale (Global Minimum Tax, GMT) sui profitti delle grandi imprese multinazionali (MNE) e segnala le questioni aperte e i rischi insiti nel nuovo scenario.

La GMT è stata definita dall’accordo del Pillar Two raggiunto nel 2021 e sottoscritto da 139 paesi appartenenti all’Inclusive Framework in sede OCSE/G20 e ha segnato un passaggio importante nello sforzo di coordinamento della tassazione internazionale al fine di contrastare le pratiche di profit shifting e di erosione della base imponibile. L’esclusione delle MNE statunitensi determina una svolta radicale che potrebbe rimettere in discussione il compromesso raggiunto tra interessi divergenti dei diversi paesi coinvolti. La decisione del G7 sarebbe fondata sulla necessità di considerare il ruolo delle regole antielusive nazionali congiuntamente alle regole del Pillar Two secondo un approccio cosiddetto side-by-side.

Il Focus, dopo una breve descrizione della struttura della GMT, presenta un quadro delle caratteristiche principali delle grandi multinazionali operanti nei principali paesi OCSE. Successivamente, vengono discussi i contenuti dell’accordo del G7, le argomentazioni portate a suo sostegno e i possibili vantaggi che hanno incentivato gli Stati Uniti a richiedere l’esclusione. Da ultimo, si discutono le possibili prospettive della GMT alla luce dell’accordo.

Secondo la GMT, i profitti delle grandi multinazionali (ossia quelle con ricavi non inferiori a 750 milioni di euro) che superano la remunerazione ordinaria dei fattori di produzione dovrebbero essere assoggettati a un regime di tassazione che assicuri un’aliquota effettiva (ETR) minima del 15 per cento, indipendentemente dalla loro localizzazione. L’obiettivo della GMT è quello di contrastare le pratiche di profit shifting e di erosione delle basi imponibili poste in essere dalle MNE incentivando i paradisi fiscali e i paesi che adottano sistemi di tassazione più favorevole ad aumentare la propria tassazione effettiva. Questo risultato dovrebbe essere raggiunto sulla base di un sistema di incentivi determinati dall’interazione di tre diverse componenti della tassazione dei profitti globali delle MNE che prevedono una tassazione integrativa nel caso in cui l’ETR calcolata sui profitti secondo le regole della GMT risulti inferiore all’aliquota minima del 15 per cento.

La prima componente della GMT, l’imposta minima nazionale (Qualified Domestic Minimum Top-up Tax, QDMTT), può essere applicata dai singoli paesi in cui operano società controllate da MNE residenti e non residenti (paesi fonte). La seconda componente, l’Income Inclusion Rule (IIR), può essere prevista nei paesi di residenza delle MNE e prevede l’inclusione dei profitti esteri non rimpatriati delle MNE nel calcolo del reddito imponibile delle società madri delle multinazionali (cosiddette capogruppo o Ultimate Parent, UPE) ai fini del calcolo dell’aliquota minima effettiva. Questa componente si applica solo nel caso in cui i paesi fonte non adottino la QDMTT. La terza componente, la regola sui profitti sotto-tassati (Under Taxed Profit Rule, UTPR), può essere attivata dai paesi in cui una MNE, residente in un altro paese che non ha adottato l’IIR, opera attraverso una sua controllata/collegata. In particolare, questi possono tassare sia i profitti prodotti dalla MNE in altri paesi che non hanno adottato la QDMTT, sia quelli prodotti nel paese in cui ha sede la capogruppo che non ha applicato l’IIR. La QDMTT rappresenta la componente fondamentale del sistema. I paesi a bassa aliquota che ospitano le controllate delle MNE, compresi i paradisi fiscali, dovrebbero infatti essere fortemente incentivati ad adottarla per evitare il rischio di cedere gettito ai paesi di residenza con il pagamento dell’IIR o di vedere applicata l’UTPR nel proprio territorio da parte di paesi terzi.

Il dibattito sulle regole della GMT ha evidenziato fin dall’inizio diverse questioni riguardanti limiti e fragilità del nuovo sistema di tassazione. In primo luogo, la sua attuazione ha immediatamente rivelato un elevato livello di complessità amministrativa. In secondo luogo, le regole della GMT inaspriscono il prelievo fiscale sulle MNE limitando le politiche di incentivo fiscale attuate dai governi nazionali. Questo aspetto è stato oggetto di critica soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ma anche nei paesi europei assume un certo rilievo. In terzo luogo, l’UTPR può essere criticata sotto il profilo della sua extraterritorialità, in quanto consentirebbe a un paese diverso sia da quello di residenza sia da quello di localizzazione delle sue controllate/collegate di imporre un prelievo aggiuntivo.

L’efficacia delle regole della GMT è fortemente condizionata dal numero di paesi aderenti e dalla loro rilevanza in termini di numerosità e di profitti delle grandi MNE residenti. L’accordo sulla GMT del 2021 è stato sottoscritto da 139 paesi, la maggior parte dei quali (67) ha implementato, o previsto di implementare entro il 2026, le nuove regole nella loro interezza o almeno parzialmente. Nel dicembre 2022 la UE ha adottato una direttiva che impone ai 27 Stati membri di attuare un modello di tassazione globale che segue fondamentalmente le regole elaborate in sede OCSE (Direttiva UE 2523/2022). Tale direttiva è stata progressivamente recepita da quasi tutti i paesi membri, compresi quelli, come Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi, che in passato avevano ostacolato iniziative a sostegno del coordinamento fiscale. In Italia la direttiva è stata recepita con il D.Lgs. 209/2023 ed è entrata in vigore dal 2024. Tuttavia, paesi chiave del G20, come gli Stati Uniti, la Cina e l’India, che inizialmente avevano appoggiato la proposta OCSE, non hanno poi recepito le regole della GMT.

La questione più critica riguarda la posizione assunta dagli Stati Uniti. Dopo aver firmato l’accordo, questi, già con l’amministrazione Biden, avevano sospeso l’adozione delle regole della GMT. Secondo l’amministrazione statunitense l’adozione di tali regole, anche soltanto da parte degli altri paesi, avrebbe introdotto con l’UTPR un prelievo extraterritoriale, con effetti negativi sul gettito e lesivi della sovranità fiscale degli Stati Uniti o comunque discriminatori nei confronti delle imprese americane. Con l’insediamento della amministrazione Trump, non solo si sono definitivamente ritirati dall’applicazione delle regole, ma hanno anche portato avanti una campagna contro i paesi aderenti fino a ottenere, nel giugno scorso, un accordo in sede G7 per l’esclusione delle MNE residenti negli Stati Uniti dall’applicazione dell’IIR e dell’UTPR.

La questione fondamentale dell’accordo del G7 riguarda la necessità di considerare il ruolo delle regole antielusive nazionali – negli Stati Uniti, il GILTI (Global Intangible Low-Taxed Income), la BEAT (Base Erosion and Anti-Abuse Tax) e la CAMT (Corporate Alternative Minimum Tax) – congiuntamente alle regole del Pillar Two secondo un approccio cosiddetto side-by-side. Questo permetterebbe di escludere le MNE statunitensi dall’applicazione delle regole della GMT. L’argomento presenta, tuttavia, delle criticità dato che le norme antielusive statunitensi, pur avendo alcune similitudini con la GMT, mantengono alcune differenze sostanziali nella loro applicazione e soprattutto rispondono a un interesse esclusivamente nazionale di salvaguardia del proprio gettito e di tutela della concorrenzialità delle proprie MNE. In questo caso non è agevole stabilire in che misura questi interessi si possano conciliare con gli obiettivi della GMT.

Con riferimento ai profitti delle MNE statunitensi prodotti negli Stati Uniti o all’estero e quelli prodotti negli Stati Uniti da MNE non statunitensi si possono evidenziare sia le convenienze degli Stati Uniti nella scelta di non adottare le regole della GMT, sia i vantaggi dell’accordo del G7 valutati in termini di gettito, di autonomia della politica tributaria e di competitività delle proprie MNE. In particolare, si evidenzia complessivamente un’elevata incertezza rispetto agli effetti di gettito. Tuttavia, le eventuali perdite di gettito potrebbero essere più che compensate dai vantaggi evidenti sull’autonomia delle politiche tributarie e sulla competitività delle MNE nazionali resi possibili dall’accordo. Queste considerazioni possono quindi contribuire a spiegare la spinta dell’amministrazione americana ad affermare l’esclusione delle proprie MNE dalle regole GMT (IIR e UTPR).

Con riferimento alla portata quantitativa dell’accordo del G7, secondo i dati del County-by-country Report dell’OCSE, nel 2021 le grandi MNE residenti negli Stati Uniti rappresentavano una quota molto rilevante, pari al 22,6 per cento del totale delle MNE presenti a livello mondiale. A queste corrispondeva quasi il 32 per cento dei profitti (26,4 per cento dei ricavi). Il 63,8 per cento di questi profitti era prodotto negli Stati Uniti, mentre il 36,2 dalle controllate/collegate all’estero. Con riferimento ai profitti delle MNE prodotti all’estero si evidenzia che il 31,3 per cento di questi veniva realizzato in paesi non riportati nei Country-by-Country Report (riga “Senza riferimento”) e il 54,7 per cento riguardava paesi che hanno applicato la QDMTT e dovrebbero continuare ad applicarla anche dopo l’accordo. Infine, il 14 per cento era prodotto in paesi in cui prima dell’accordo non veniva applicata la QDMTT e in cui, quindi, poteva intervenire l’UTPR che l’accordo certamente esclude (tab. 1).

 

L’accordo raggiunto in ambito G7, i cui aspetti operativi restano ancora tutti da definire, solleva una serie di questioni critiche anche alla luce della rilevanza, appena discussa, delle MNE statunitensi escluse dalle regole della GMT. In primo luogo, dato che l’intesa è stata raggiunta in sede G7, non è ancora chiaro come sarà accolto l’accordo dagli altri paesi del G20/Inclusive Framework che hanno siglato il Pillar two. Peraltro, la UE, che, come richiamato sopra, ha recepito quasi integralmente la GMT con una propria direttiva, dovrà probabilmente modificare l’ordinamento comunitario in materia. In secondo luogo, altri paesi potrebbero rivendicare un trattamento analogo a quello riservato agli Stati Uniti dall’accordo del G7 con conseguenze sul coordinamento fiscale internazionale. Infine, non è certo che la tregua garantita dall’accordo del G7 sia destinata a durare nel tempo. Grazie ai risultati rapidamente raggiunti, l’amministrazione statunitense potrebbe aprire nuovi fronti di trattativa come, ad esempio, sulla questione irrisolta delle Digital Services Taxes, unilateralmente adottate da molti paesi, Italia compresa, per il loro presunto carattere discriminatorio nei confronti delle Big Tech statunitensi.