Nota di lavoro 1/2022

Download PDF Un bilancio di “Quota 100” a tre anni dal suo avvio

di Marco Corsaletti, Maria Rosaria Marino, Valentina Ricci, Nicola Carmine Salerno, Gianfranco Santoro, Federica Sciarretta e Lorenzo Toffoli

 

A pochi mesi dalla chiusura del periodo di sperimentazione della misura “Quota 100” l’INPS e l’UPB, con la Nota di lavoro “Un bilancio di “Quota 100” a tre anni dal suo avvio”, analizzano il ricorso a tale opzione di pensionamento anticipato sulla base dei dati dei contribuenti alle gestioni INPS e delle informazioni ricavate dal monitoraggio delle domande. Il lavoro è il frutto di una prima collaborazione tra INPS e UPB che ha beneficiato della condivisione di dati e di analisi tra le due istituzioni.

 

“Quota 100”, come altre misure di “flessibilità pensionistica” (“Opzione Donna”, “APE sociale”, “APE di mercato”, uscita anticipata per lavoratori precoci appartenenti a specifiche categorie), è stata introdotta con l’obiettivo di reinserire nel sistema – anche se per un periodo di tempo limitato e solo per specifiche coorti di individui – margini di flessibilità nelle scelte di pensionamento dopo la riforma del 2011 (cosiddetta “legge Fornero”), varata in risposta alle difficoltà prodotte dalla crisi finanziaria del 2008 e all’esigenza di assicurare la sostenibilità di medio-lungo periodo dei conti pubblici.

 

L’analisi di INPS e UPB punta a verificare quali categorie di lavoratori abbiano fatto maggiore ricorso a “Quota 100”, quale sia stato l’effettivo tasso di adesione rispetto alle platee potenziali, di quanto il pensionamento sia stato anticipato rispetto ai requisiti della legge “Fornero” e quali siano stati i costi di questo canale aggiuntivo rispetto alle attese. Attraverso un’analisi econometrica lo studio ha inoltre cercato di evidenziare quali caratteristiche soggettive hanno aumentato la probabilità di ricorrere a “Quota 100”. Tali informazioni possono rappresentare evidenze utili alla definizione di eventuali future proposte di modifica delle regole di pensionamento in chiave di flessibilità e alla loro valutazione finanziaria.

 

Il lavoro è stato un’occasione per sistematizzare e valorizzare l’attività di monitoraggio che l’INPS svolge sui flussi di pensionamento e mettere questo patrimonio informativo a disposizione di tutti, a cominciare dal decisore politico in vista di prossimi passi nell’agenda pensionistica. I dati presentati nel documento congiunto saranno aggiornati con cadenza annuale per dare conto delle nuove adesioni alla misura sino all’esaurimento della platea potenziale. Gli aggiornamenti avranno una forma più sintetica e daranno conto, a mano a mano che diventeranno disponibili i dati, anche del ricorso all’opzione “Quota 102”.

 

Di seguito una sintesi dei principali risultati.

 

Al 31 dicembre 2021 le domande complessivamente accolte nel triennio 2019-2021 sono risultate poco meno di 380.000, ampiamente al di sotto di quelle attese sottostanti alla Relazione tecnica del DL 4/2019. A ricorrere a “Quota 100” sono stati soprattutto gli uomini. Quasi l’81 per cento dei pensionati con “Quota 100” vi è transitato direttamente dal lavoro, poco meno del 9 per cento da silente (soggetti che pur avendo in passato versato contributi non lavoravano né percepivano altre prestazioni), poco più dell’8 per cento da una condizione di percettore di prestazioni di sostegno al reddito, circa il 2 per cento da prosecutori volontari di contribuzione. La gestione di liquidazione è stata da lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi, da lavoro dipendente pubblico per poco più del 30 per cento, da lavoro autonomo per circa il 20 per cento.

 

Se in valore assoluto le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord, meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro, in percentuale della base occupazionale o del flusso medio delle uscite per pensione anticipata (quelle più simili a “Quota 100”) mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e minori al Nord, con il Centro in posizione intermedia. I pensionamenti dal comparto privato sono lo 0,4 per cento della relativa base occupazionale (con un picco dell’1,2 per cento per il settore “Trasporto e magazzinaggio”), quota che diventa dell’1,3 per cento nel comparto pubblico (con picco del 2,9 per cento per le “Funzioni centrali”).

 

Si è registrata una prevalenza a lasciare il lavoro alla prima decorrenza utile, con almeno uno dei requisiti di età e anzianità al livello minimo. Il rapporto tra anticipo effettivo e anticipo massimo (quello corrispondente all’utilizzo di “Quota 100” non appena possibile) si colloca in media poco sopra il 90 per cento per buona parte degli utilizzatori di “Quota 100”. Mediamente l’anticipo rispetto al più vicino dei requisiti ordinari è di 2,3 anni. L’anticipo ha inciso in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo ha ridotto del 4,5 per cento per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8 per cento per i dipendenti privati e del 5,2 per cento per i dipendenti pubblici. L’età media alla decorrenza si è attestata poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6 anni.

 

Utilizzando i database annuali dei contribuenti alle gestioni INPS integrati con le informazioni del monitoraggio su “Quota 100” è stato possibile stimare i tassi di adesione (take-up rate) dei soggetti che hanno maturato il diritto negli anni 2019 e 2020, che si sono rivelati inferiori a quelli ipotizzati, in modo prudenziale, nella Relazione tecnica del decreto che ha introdotto il canale pensionistico.

 

Il pensionamento con “Quota 100” è avvenuto prevalentemente a ridosso della maturazione dei requisiti: per chi ha maturato il diritto nel 2019 il take-up complessivo a fine 2021 è stato del 49 per cento, suddivisibile in 39 per cento realizzato nel 2019, 14 per cento nel 2020 e 4 per cento nel 2021 (per costruzione, cambiando di volta in volta il denominatore, la somma delle parti non fornisce il take-up complessivo); per quanti hanno maturato i requisiti nel 2020 il tasso di adesione complessivo a fine 2021 è del 47 per cento, suddivisibile in 41 per cento realizzato nel 2020 e 10 per cento nel 2021. I take-up complessivi, soprattutto per il 2020, sono destinati ad aumentare finché l’intera platea dei potenziali aderenti avrà raggiunto i requisiti per i canali di pensionamento ordinari (approssimativamente cinque anni dall’acquisizione del diritto a “Quota 100”). Lo spaccato per situazione occupazionale mostra che i disoccupati, i silenti e soprattutto i prosecutori volontari fanno registrare take-up rate notevolmente più alti di quelli degli attivi.

 

La distribuzione per livello di reddito dei soggetti che hanno utilizzato “Quota 100” mostra che i take-up aumentano notevolmente nel passaggio dal primo al secondo quintile di reddito per poi restare sostanzialmente stabili fino al quarto quintile e ridursi per l’ultimo quintile, tornando a livelli comparabili con il primo quintile. A livello territoriale, infine, i tassi di adesione appaiono abbastanza omogenei tra Regioni.

 

Tenendo conto di queste evidenze, si può stimare che la spesa effettiva – di consuntivo sino al 2021 e proiettata dal 2022 al 2025 – potrà attestarsi a circa 23 miliardi. Si tratta di un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati dal DL 4/2019 e di oltre 5 miliardi se si tiene conto dei definanziamenti decisi solo pochi mesi dopo nell’ambito della NADEF 2019 e nella legge di bilancio per il 2020.

 

Con riferimento a queste stime vanno, tuttavia, avanzate due considerazioni. In primo luogo, che le valutazioni ufficiali sin dall’inizio hanno rispecchiato un condivisibile grado di prudenza data la difficoltà di formulare ipotesi sui tassi di adesione in assenza di dati solidi riferibili a misure precedenti con caratteristiche comparabili a “Quota 100”. In secondo luogo, la minore spesa effettiva a fine periodo potrebbe risultare più bassa delle stime presentate in questo lavoro visto che nei prossimi anni i take-up rate potrebbero posizionarsi su livelli più elevati di quelli registrati tra il 2019 e il 2021. In particolare, nei prossimi anni potranno ancora accedere a “Quota 100” non solo coloro che hanno maturato i requisiti nel 2019 e nel 2020 e che ancora non vi hanno fatto ricorso, ma soprattutto coloro che li hanno maturati per la prima volta nel corso del 2021 e per i quali non si può escludere a priori che si possano manifestare take-up più elevati di quelli sottostanti le stime.

 

Infine, utilizzando la base informativa integrata è stato condotto un esercizio econometrico per valutare la rilevanza sulla scelta di aderire a “Quota 100” di alcune variabili socio-economiche.

 

Dall’esercizio è risultato che la probabilità di utilizzare “Quota 100” è tanto più elevata quanto maggiore è l’anticipo massimo potenziale sui requisiti ordinari. Ciò potrebbe riflettere il valore della facoltà di scegliere su un periodo temporale relativamente più lungo il momento più opportuno per pensionarsi con “Quota 100”. Questo risultato coesiste con l’evidenza che, a parità di anticipo rispetto ai requisiti ordinari e di ultimo reddito da lavoro, la probabilità di ricorrere a “Quota 100” aumenta all’aumentare dell’anzianità contributiva, circostanza spiegabile con il fatto che chi ha avuto una carriera più corta ha una minore convenienza all’anticipo dato che avrebbe diritto a una pensione di importo più basso.

 

L’analisi conferma che i prosecutori volontari, i disoccupati e i silenti hanno probabilità più alte di pensionarsi con “Quota 100” rispetto agli attivi. Rispetto alla gestione di appartenenza, inoltre, i dipendenti privati mostrano le probabilità più elevate, seguiti dai dipendenti pubblici e, infine, dai lavoratori autonomi.

 

Le donne, a parità di altre caratteristiche, hanno una probabilità leggermente inferiore rispetto agli uomini, anche se ampie sono le differenze per gestione. A pensionarsi prima delle donne sono unicamente gli uomini dipendenti privati (la categoria più numerosa), mentre nelle altre gestioni le probabilità di pensionamento sono simili con probabilità lievemente più elevate per le donne.

 

Con riferimento al reddito, si rileva un generale aumento della probabilità di usare “Quota 100” nel passaggio dal primo al secondo decile e in quello dal secondo al terzo; successivamente la probabilità resta sostanzialmente stabile, per poi ridursi nel passaggio dall’ottavo al nono decile e in quello dal nono al decimo, quando scende a livelli inferiori a quelli del primo decile. Questo andamento è plausibilmente dovuto al fatto che, per i redditi più bassi il fattore fondamentale per la scelta è l’adeguatezza della pensione, mentre per quelli più elevati la gratificazione intrinseca dell’attività lavorativa. Nei primi decili all’aumentare del reddito aumenta la probabilità di raggiungere una pensione adeguata che consenta di rinunciare al lavoro. Negli ultimi decili, l’aumento del reddito è probabilmente associato a mansioni più gratificanti che motivano a restare al lavoro anche se si avrebbe accesso a un trattamento pensionistico elevato.

 

In conclusione, anche se rispetto alle previsioni ufficiali iniziali “Quota 100” ha registrato un minore numero di adesioni, questo canale di uscita è stato comunque utilizzato da un’ampia platea di lavoratori che a fine 2025 (quando saranno pressoché esauriti i potenziali aderenti) potrebbe anche superare i 450.000 soggetti. Le stime ufficiali iniziali erano ispirate a criteri di prudenza, trattando di diritti soggettivi sui quali non si disponeva, al momento della valutazione, di dati consolidati sulle propensioni ad anticipare il pensionamento. Queste informazioni sono ora disponibili (“Quota 100” può essere visto come un esperimento naturale) e, con le dovute cautele, potrebbero consentire in futuro di stimare in modo più accurato gli impatti sulla finanza pubblica di eventuali nuove misure pensionistiche in chiave di flessibilità con caratteristiche simili a “Quota 100”. Ciò consentirebbe, pur mantenendo sempre un adeguato grado di prudenza, di evitare di accantonare risorse in eccesso rispetto alle esigenze distraendole pro-tempore da altre destinazioni. Dato lo stato attuale dei conti pubblici, le risorse economiche sono limitate e quindi occorre riservare molta attenzione al processo di allocazione delle stesse, attraverso programmazioni che, da un lato, colgano le reali esigenze dei destinatari delle prestazioni e, dall’altro, assicurino l’equità intergenerazionale e la sostenibilità di medio-lungo termine della finanza pubblica.

 

Diverse sono le ipotesi al centro del dibattito in tema di flessibilità previdenziale e sulle quali si stanno confrontando Sindacati e Governo. L’intenzione sarebbe quella di consentire un anticipo rispetto ai requisiti ordinari previa introduzione di modifiche al sistema di calcolo del trattamento pensionistico: la flessibilità avrebbe così un costo anche individuale. Queste proposte non sono direttamente confrontabili con “Quota 100” visto che, a differenza di quest’ultima, prevedono penalizzazioni specifiche sugli importi delle pensioni commisurate all’entità dell’anticipo rispetto al pensionamento con i requisiti “Fornero” che vanno al di là di quelle meramente derivanti dalle regole di calcolo. Tuttavia, i take-up di “Quota 100” stimati sulla base dei dati di monitoraggio possono rappresentare un utile limite superiore per valutare gli effetti finanziari nel breve e nel medio-lungo periodo di eventuali modifiche che vadano nella direzione di aumentare la flessibilità di uscita dal mercato del lavoro.

 

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