Nota di lavoro 2/2024 – La riforma del Codice dei contratti e la rimodulazione del PNRR: impatto sugli appalti pubblici e sui tempi di realizzazione delle opere

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Comunicato stampa

12 dicembre 2024 | Tra i principali fattori di criticità nell’affidamento e nellesecuzione delle opere pubbliche ci sono la discontinuità normativa e l’instabilità delle fonti di finanziamento, che interferiscono con la capacità di programmazione delle Amministrazioni e incidono sull’operato delle stazioni appaltanti e sulla partecipazione delle imprese al mercato degli appalti.

Il lavoro, frutto della collaborazione tra l’UPB e l’IRPET, valuta gli effetti sugli appalti pubblici e sui tempi di realizzazione delle opere di due eventi succedutisi nella seconda metà del 2023: l’introduzione del nuovo Codice dei contratti (CdC) e la rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Non si tiene pertanto conto né delle recenti ulteriori modifiche al CdC, né delle due revisioni del PNRR approvate nel corso del 2024.

L’attenzione è focalizzata sui lavori pubblici commissionati dai Comuni di importo pari o superiore a 40.000 euro avviati tra il 2022 e il 2024. Le analisi sono basate su un dataset ottenuto combinando gli OpenData sulle procedure di appalto dell’ANAC e le informazioni del portale ItaliaDomani sui progetti PNRR/PNC finanziati con le risorse Next Generation EU e nazionali.

Nella prima parte della Nota viene valutato l’impatto della riforma del CdC sugli aspetti più rilevanti degli appalti: l’utilizzo di procedure aperte, il ricorso a soluzioni di approvvigionamento di tipo centralizzato, il ribasso medio rispetto alla base d’asta, il numero di imprese offerenti e la durata della fase di affidamento. In particolare, si stima un’equazione di durata degli appalti che ha, tra le variabili esplicative, anche la data di avvio dell’appalto pre o post entrata in vigore del nuovo Codice. L’analisi si estende anche agli appalti rientranti nel PNRR/PNC per due ordini di motivi. In primo luogo, sebbene per questi fossero già state introdotte gran parte delle innovazioni previste dal nuovo CdC, è interessante verificare se le differenze esistenti pre/post modifiche normative tra appalti ricompresi o meno nel PNRR/PNC si siano o meno ridotte dalla seconda metà del 2023. In secondo luogo, non essendo stato subito chiaro se i progetti afferenti al PNRR/PNC continuassero a seguire la normativa speciale o fossero richiamati nell’alveo delle nuove regole, non si può escludere che l’introduzione del nuovo CdC possa avere influenzato anche le scelte riguardanti appalti del PNRR/PNC.

Dall’analisi emergono i seguenti principali risultati.

In primo luogo, l’avvio del nuovo Codice è associato a una riduzione dell’utilizzo di procedure aperte e a un incremento, seppure non particolarmente rilevante, del ricorso a Centrali di committenza intercomunali (CUC).

  •  La probabilità di ricorrere a procedure aperte si riduce in media del 5,4 per cento. L’effetto è più marcato per gli appalti PNRR/PNC (7,3 per cento, contro 4,1 per gli altri) probabilmente per la necessità di espletare le procedure di affidamento in tempi rapidi, come permette l’affidamento diretto, e per l’elevata complessità di questi contratti che per questo beneficiano, più degli altri, di una maggiore interlocuzione tra stazione appaltante e operatori di mercato realizzabile con la negoziazione. La riduzione del ricorso alle procedure aperte è riscontrabile nel Mezzogiorno per tutte le tipologie di contratto di appalto, mentre nel Centro e nel Nord il calo riguarda solo gli appalti rientranti nel PNRR/PNC. L’ampliamento della possibilità di ricorso all’affidamento diretto e alle procedure negoziate sembrerebbe avere interessato in misura maggiore le Amministrazioni del Mezzogiorno, mediamente meno propense all’utilizzo della procedura aperta.

  •  La probabilità di utilizzo di CUC aumenta del 2,3 per cento, per effetto di incrementi del 3,2 per cento degli appalti relativi al PNRR/PNC e del 2 per gli altri. Tale risultato era inatteso dopo l’innalzamento, previsto dal nuovo Codice, della soglia di valore dell’appalto che obbliga a servirsi di stazioni appaltanti qualificate (da 150.000 a 500.000 euro). Potrebbero aver prevalso la percepita cogenza del sistema di qualificazione, in larga parte inapplicato sino al 2019 e diventato operativo con il PNRR/PNC e con il nuovo Codice, e l’effetto di apprendimento connesso con l’incremento dell’attività delle CUC per gli appalti del PNRR/PNC negli anni immediatamente precedenti la riforma.

In secondo luogo, dal cambiamento normativo non sembrano essere derivate, per adesso, modifiche apprezzabili della tensione concorrenziale e delle strategie di offerta. L’effetto di riduzione dei prezzi risulta modesto, collocabile e spiegabile all’interno del quadro di generalizzato assottigliamento dei ribassi di aggiudicazione in corso da oltre un decennio. Il numero di partecipanti alle gare è aumentato ma in misura limitata e tale da non lasciar supporre effetti permanenti sulle caratteristiche di competitività delle procedure di affidamento. L’aumento è apprezzabile solo per i progetti del Nord, in particolare quelli del PNRR/PNC e quelli anche non appartenenti al PNRR/PNC di valore al di sotto del milione di euro.

In terzo luogo, all’introduzione del nuovo Codice dei contratti è associata una riduzione della durata della fase di affidamento sia per i progetti in ambito PNRR/PNC sia per gli altri. Mediamente la riduzione è di poco inferiore a 9 giorni (13,5 giorni per i progetti PNRR/PNC e 6,1 per gli altri). Le procedure avviate nel Mezzogiorno, quelle che storicamente soffrono dei ritardi maggiori e più difficili da risolvere, fanno registrare riduzioni dei tempi di affidamento superiori a quelli delle altre macro-aree: circa 20 giorni per le procedure negoziate e tra i 20 e i 30 giorni per le procedure aperte. Nel Mezzogiorno, in cui alla data di entrata in vigore del nuovo Codice erano rilevabili tempi allineati a quelli del Centro per le procedure con negoziazione e più lunghi per le procedure aperte, la riduzione raggiunge il 38 per cento per le prime e il 35 per cento per le seconde. Se ne deduce l’avvio di un trend di riassorbimento dei gap territoriali di durata delle procedure aperte e, al contempo, di forte accelerazione delle procedure negoziate in questa macro-area. Di questo trend nei prossimi mesi andranno verificate consistenza e continuità.

Nella seconda parte della Nota l’analisi è concentrata sull’impatto della rimodulazione del PNRR/PNC. Si riportano i risultati di un esercizio di inferenza causale in cui si confronta, al 31 dicembre 2023, l’avanzamento dei lavori commissionati dai Comuni relativi, da un lato, ai progetti che tra luglio e dicembre 2023 hanno scontato il rischio di essere rimodulati e, dall’altro, a quelli che non sono rimasti esposti a questo rischio (perché esterni al PNRR o appartenenti a Misure/Componenti mai coinvolte). L’avanzamento del singolo progetto è calcolato come rapporto tra il valore delle procedure di gara avviate e il finanziamento complessivo destinato allo stesso progetto. Applicando la tecnica del propensity score matching a poco meno di 14.000 progetti di opere di nuova esecuzione (non già in essere), si arriva a stimare un effetto di rallentamento dell’esecuzione delle opere mediamente pari al 14,2 per cento, con picchi nel Nord e nel Mezzogiorno. Sono soprattutto i Comuni di minore dimensione, quelli meno attrezzati in strumentazione e in capitale umano, a risentire negativamente dell’incertezza sulla programmazione e sulle risorse disponibili. Forse è proprio questa l’evidenza più importante per la policy, se si pensa che le piccole Amministrazioni rappresentano circa il 90 per cento dei soggetti attuatori del PNRR e sono responsabili di circa il 60 per cento dei progetti.

I risultati delle due analisi dovrebbero far riflettere sull’opportunità di interventi frequenti e poco organici su un corpo normativo deputato a regolare il funzionamento di un mercato complesso e strategico come quello degli appalti. Eppure, nel corso del 2024 sono state proposte e approvate altre modifiche al PNRR/PNC e alla data in cui si scrive il processo potrebbe non essere ancora concluso. Inoltre, proprio mentre questa Nota è completata, è alla approvazione parlamentare un decreto correttivo del CdCa un solo anno dal suo varo.