Nota sulla congiuntura – febbraio 2021

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Dopo un anno segnato dalla pandemia da Covid-19, l’economia mondiale è attesa quest’anno a una ripresa, l’intensità della quale, secondo la Nota sulla congiuntura di febbraio, è ampiamente legata all’evoluzione dell’emergenza sanitaria e al successo delle campagne vaccinali adottate nei singoli paesi. Anche per l’Italia, successivamente alla pesante caduta del PIL registrata lo scorso anno, è previsto un recupero, inferiore tuttavia a quanto ipotizzato dalla NADEF per la battuta d’arresto registrata nell’ultimo trimestre del 2020 e per i riflessi che questa è destinata ad avere sulla crescita del 2021. Quest’anno la crescita del Pil sarebbe pari al 4,3 per cento mentre nel 2022, grazie anche al contributo del Recovery Plan, il prodotto aumenterebbe del 3,7 per cento, attestandosi su un livello comunque inferiore a quello del 2019. Sul quadro macroeconomico a medio termine permangono, peraltro, fattori di rischio, prevalentemente orientati al ribasso.

 

Il prezzo della pandemia, vaccini tra speranze e incognite La crisi pandemica ha determinato pesanti perdite in termini sia di vite umane (alla fine di gennaio erano stati superati a livello mondiale i 100 milioni di contagi e due milioni di vittime, fig. 1) sia di produzione. Si stima che nel 2020 si sia realizzata la più forte contrazione dell’attività economica dalla seconda guerra mondiale e che i livelli di fine 2019 verranno recuperati, nel migliore dei casi, alla fine di quest’anno. Molto dipenderà delle campagne vaccinali, iniziate da oltre un mese ma che, a causa di alcuni ritardi riscontrati nelle forniture dei vaccini, potrebbero richiedere tempi più lunghi per il raggiungimento degli obiettivi originariamente pianificati.

 

La seconda ondata di contagi ha rapidamente influenzato la fiducia; in Europa, l’indice dei direttori degli acquisti (PMI) è sceso sotto quota 50 da novembre, mentre in Cina e negli Stati Uniti resta al di sopra della soglia. Nonostante la nuova ondata, negli Stati Uniti il PIL è cresciuto nel trimestre scorso (più 1,0 per cento in termini congiunturali) e la contrazione del prodotto nel 2020 (-3,5 per cento) si è rivelata contenuta rispetto a quella di altri paesi. Nell’area dell’euro (il PIL si è ridotto nel quarto trimestre dello 0,7 per cento) il 2020 si è chiuso con un arretramento complessivo del prodotto del 6,8 per cento. In Cina l’economia è tornata a espandersi già dalla primavera, accelerando via via fino allo scorcio finale dell’anno: nel 2020 l’economia cinese è stata l’unica, tra i membri del G20, a registrare un incremento del PIL (2,3 per cento).

 

Nelle sue più recenti previsioni il Fondo monetario internazionale (FMI) ha rivisto lievemente al rialzo le stime sulla crescita globale per l’anno in corso. Nel 2021 il prodotto mondiale dovrebbe aumentare del 5,5 per cento, tre decimi di punto in più rispetto a quanto indicato lo scorso ottobre; per le economie avanzate la revisione è positiva principalmente per gli Stati Uniti e il Giappone, mentre è negativa per l’area dell’euro e il Regno Unito. L’economia cinese nel 2021 dovrebbe accelerare nettamente (all’8,1 per cento) e recuperare i livelli pre-crisi già a fine anno. La maggior parte delle altre economie invece non recupererebbe i livelli prima del 2022, in particolare nell’area dell’euro.

 

Italia: dalla ripresa estiva alla gelata autunnale L’economia italiana, dopo il rimbalzo nei mesi estivi, ha subìto una nuova frenata nel quarto trimestre in corrispondenza alla recrudescenza dell’epidemia che ha colpito tutta l’Europa. Secondo le stime preliminari dell’Istat il PIL ha segnato una flessione del 2,0 per cento in termini congiunturali, superiore a quella dell’area dell’euro, dove l’attività si è invece ridotta dello 0,7 per cento, a fronte di una dinamica pressoché stagnante in Germania (fig. 2).

 

Nel complesso del 2020, l’evoluzione trimestrale del PIL ha determinato una diminuzione dell’8,9 per cento rispetto all’anno precedente (a fronte dell’incremento dello 0,3 nel 2019), segnando il peggior risultato dal dopoguerra; nei conti annuali tale dinamica dovrebbe tradursi in una flessione marginalmente più contenuta (-8,8 per cento), per effetto dei due giorni lavorativi in più rispetto al 2019 (255 contro 253).

 

L’impatto economico, forte ma eterogeneo, della pandemia nella parte finale del 2020 ha trovato conferma nella dinamica dalle variabili quantitative mensili più tempestive (fig. 3): i consumi elettrici hanno sostanzialmente tenuto in autunno, in linea con i ritmi produttivi del settore manifatturiero, ma si sono nuovamente indeboliti in gennaio; le immatricolazioni di autovetture invece hanno accusato un deciso arretramento, a riflesso della prudenza negli orientamenti di acquisto dei consumatori; il traffico aereo ha risentito pesantemente della nuova ondata pandemica, in misura non dissimile rispetto alla primavera.

 

Gli indicatori sintetici del ciclo economico sono coerenti nel segnalare una debole dinamica ciclica anche per l’inizio dell’anno in corso. L’indice coincidente della crescita di fondo della Banca d’Italia (ITA-coin) in dicembre è rimasto in territorio negativo, per il decimo mese consecutivo, sebbene su un valore appena inferiore allo zero; l’indicatore anticipatore dell’Istat si è stabilizzato per il terzo mese consecutivo, interrompendo la fase di crescita iniziata a maggio.

 

Recupero più lento … Nonostante la flessione del prodotto lordo nel quarto trimestre il trascinamento statistico al 2021 è positivo (2,3 per cento). Quest’anno l’attività economica tornerebbe ad espandersi (4,3 per cento in media d’anno); la crescita si manifesterebbe a partire dai mesi primaverili, avvantaggiandosi di un allentamento graduale dei provvedimenti restrittivi alla mobilità individuale. L’attività economica beneficerebbe inoltre delle misure finanziate con il bilancio pubblico e con i fondi del Recovery Plan, che produrrebbero effetti anche nel 2022. La variazione del PIL nell’anno finale di previsione (3,7 per cento) non sarebbe sufficiente a riportare il prodotto sui valori registrati prima della pandemia; il PIL resterebbe inferiore rispetto al livello del 2019, per circa 1,4 punti percentuali (tab. 1).

 

Rispetto al quadro macroeconomico formulato dall’UPB in occasione dell’esercizio di validazione delle previsioni della NADEF, le dinamiche annuali dell’attività economica sono state sensibilmente riviste, compensandosi in larga parte sul livello del PIL alla fine dell’orizzonte previsivo; al rialzo di nove decimi di punto percentuale sulla crescita del 2020 e di circa un punto su quella del 2022 si è contrapposto il ribasso di quasi due punti del PIL di quest’anno.

 

…e rischi ancora elevati Il quadro macroeconomico dell’economia italiana resta circondato da un’incertezza straordinariamente elevata, con rischi prevalentemente orientati al ribasso. Il contesto internazionale è infatti condizionato dall’evoluzione della pandemia. L’incertezza degli operatori economici, connessa alla durata e alle ripercussioni dell’emergenza sanitaria, resterà elevata almeno fino a quando le campagne vaccinali non daranno risultati tangibili sul controllo dell’epidemia. Nel breve periodo permangono inoltre rischi di tensioni sui commerci tra Cina e USA, in quanto la nuova Amministrazione americana ha confermato l’orientamento di protezione delle imprese nazionali a scapito di quelle estere.

 

Per l’Italia, le previsioni presentate dipendono strettamente dall’ipotesi che l’ondata di contagi ritorni gradualmente sotto controllo nell’orizzonte di previsione, grazie anche ai progressi nella vaccinazione. Riguardo alla politica economica si assume che le misure di sostegno alle famiglie e alle imprese continuino ad operare e che l’utilizzo da parte dell’Italia dei fondi europei resi disponibili nell’ambito del programma NGEU consenta di avviare senza ritardi progetti che attivano lo sviluppo. In caso contrario, una nuova recrudescenza dell’epidemia comporterebbe il prolungamento dell’emergenza sanitaria, con conseguente inasprimento delle misure di limitazione della mobilità individuale e impatti negativi sulle decisioni di spesa e sull’attività economica; analogamente, un’attuazione parziale, ritardata o inefficiente, dei progetti di investimento predisposti con il Piano nazionale di ripresa e resilienza determinerebbe il venir meno di un fattore di sostegno non marginale all’attività economica.

 

Le politiche espansive, fiscali e monetarie, stanno limitando in diversi paesi la recessione, tramite l’espansione dei bilanci di governi, banche centrali e istituzioni finanziarie internazionali. Nei prossimi anni, quando il virus sarà controllato e l’economia mondiale si riporterà su un sentiero di crescita stabile, occorrerà riassorbire gli elevati debiti accumulati. Sfasamenti tra le fasi cicliche dei diversi paesi potrebbero incidere sui premi per il rischio sovrano richiesti dai mercati finanziari alle economie in cui il recupero è più lento. Se tale eventualità riguardasse l’Italia, caratterizzata da uno stock di debito pubblico già alto, le tensioni finanziarie potrebbero riflettersi in un repentino peggioramento.

 

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