Pubblicato il Flash “La sperimentazione del bilancio di genere per l’anno 2016”

 

L’Italia continua a essere uno dei paesi avanzati con più elevati divari di genere e un impulso al loro contenimento potrebbe derivare dalla realizzazione di un’efficace sperimentazione del bilancio di genere a livello nazionale. Il Flash fornisce una sintetica descrizione e alcune considerazioni in merito a due documenti pubblicati recentemente sul sito della Ragioneria Generale dello Stato – un DPCM e una Circolare – con i quali si avvia per il 2016 e con riferimento alle Amministrazioni centrali, incluse le loro diramazioni periferiche, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la sperimentazione di un bilancio di genere a livello nazionale, come previsto dalla Legge di contabilità e finanza pubblica (L. 196/2009).

 

Il DPCM contiene le linee generali della sperimentazione e prevede, tra le altre cose, la realizzazione di una riclassificazione contabile della spesa del bilancio dello Stato in tre categorie: 1) spese neutrali rispetto al genere (ad esempio, quelle relative agli interessi e agli acquisti di attrezzature, mobilio, cancelleria); 2) spese “sensibili”, ossia con un diverso impatto, anche indiretto, su uomini e donne (ad esempio, quelle per l’istruzione); 3) spese specificamente destinate a ridurre le disuguaglianze di genere (ad esempio, quelle per gli assegni di maternità e per il contrasto alla violenza sulle donne). Prevede inoltre il calcolo di appositi indicatori statistici riferiti sia alle politiche settoriali in generale, sia a quelle del personale delle Amministrazioni pubbliche. La Circolare e i relativi allegati contengono le linee guida alle quali le Amministrazioni coinvolte nell’attuazione della sperimentazione dovranno attenersi e il materiale necessario per coadiuvarle nella realizzazione dell’esercizio (uno schema precompilato dalla RGS con un tentativo di riclassificazione delle spese e due questionari riguardanti le politiche per il personale proprio delle Amministrazioni e le politiche settoriali in generale). Viene infine fissato il termine del 30 settembre 2017 per la trasmissione alle Camere di una Relazione del Ministro dell’Economia e delle finanze sulla sperimentazione, contenente anche indicazioni sulle modalità per condurre a regime il bilancio di genere.

 

Dall’esperienza italiana degli ultimi anni emerge un quadro frammentario e discontinuo in cui il bilancio di genere ha costituito, in molti casi, poco più di una analisi di contesto. La sperimentazione rappresenta pertanto un passo iniziale verso una sistematizzazione della valutazione delle politiche pubbliche con un impatto sul divario di genere.

 

In questo quadro il Flash sottolinea che:

 

  1. La riclassificazione delle spese proposta nel DPCM pur essendo condivisibile presenta alcune criticità. Nello schema di classificazione proposto dalla RGS, che dovrà essere verificato e integrato dalle Amministrazioni interessate, le spese cosiddette “sensibili” rappresentano il 28,4 per cento del totale delle spese pagate nel 2016 (a fronte dello 0,2 di spese direttamente volte a incidere sul divario di genere, del 70,8 di quelle neutrali e dello 0,6 non specificato). Esse includono una vasta gamma di spese: da quelle per personale dei Ministeri e delle Forze dell’ordine a quelle per i buoni pasto, dalle somme per interventi a sostegno dell’occupazione e per gli ammortizzatori sociali a quelle per la ricerca in campo sanitario. Inoltre potrebbero esservi ricomprese, per esclusione, voci che non hanno effetti indiretti differenziati su uomini e donne. Nei passi successivi che verranno realizzati per condurre a regime la realizzazione del bilancio di genere andranno perciò sviluppati opportuni indicatori e tecniche di analisi per migliorare la delimitazione delle tre categorie di spesa (in particolare quelle “sensibili”) e andrà valutato se tenere separata dal resto l’analisi degli effetti delle politiche del personale delle Amministrazioni pubbliche.
  2.  

  3. Un’efficace sperimentazione e un’accurata analisi dell’impatto di genere delle politiche pubbliche richiederanno un ampio sforzo da parte delle Amministrazioni coinvolte vista la ristrettezza dei tempi e tenuto conto della concomitanza con l’attività di preparazione del bilancio;
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  5. L’estensione in prospettiva della sperimentazione a tutte le Amministrazioni pubbliche (incluse quelle locali, che realizzano una parte consistente delle spese dirette a incidere sul divario di genere), coinvolgendo enti e istituzioni (ad esempio l’Inps) che materialmente attuano le politiche pubbliche consentirebbe di giungere a una visione unitaria e completa sulle politiche adottate per la riduzione del divario di genere, facilitando sia il controllo a posteriori sia la formulazione di linee di indirizzo sulle politiche future;
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  7. La scelta degli indicatori statistici – che dovranno cogliere le peculiarità, anche a livello geografico, del nostro Paese e consentire un confronto internazionale tenendo conto degli impegni a livello europeo e sovraeuropeo – è determinante per valutare e indirizzare le politiche settoriali e quelle riferite al solo personale delle Amministrazioni; è cruciale a tale scopo la disponibilità di dati tempestivi, di qualità elevata, armonizzati a livello nazionale e coerenti con quelli sovranazionali, per individuare le macroaree di intervento e monitorare i progressi realizzati;
  8.  

  9. Sarebbe preferibile che la scelta degli indicatori non fosse indipendente e scollegata da quella sugli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) da inserire stabilmente nell’ambito del DEF che, stando alla proposta all’esame delle commissioni parlamentari, include uno specifico indicatore di genere (il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne in età compresa tra 25 e 49 anni con figli in età prescolare e quello delle donne senza figli) e altri che si prestano a essere calcolati in una prospettiva di genere;
  10.  

  11. Come riscontrato anche nelle esperienze di altri paesi, viene dato un limitato rilievo al lato delle entrate del bilancio. Se, da un lato, il sistema di tassazione del reddito in Italia, essendo basato sugli individui, tende a essere neutrale in un’ottica di genere, dall’altro, vi sono agevolazioni che possono avere un impatto differenziato sugli individui che andrebbe quantificato. Sarebbe opportuno che la parte di analisi relativa alle spese fiscali (cosiddette tax expenditures) non si traducesse in una nuova elencazione ma piuttosto venisse collegata e coordinata con quella più generale che confluisce nel Rapporto annuale sulle spese fiscali che deve essere predisposto in concomitanza con la Nota di aggiornamento del DEF e la presentazione del DDL di bilancio.