Pubblicato il Rapporto sulla politica di bilancio 2020

 

Il “Rapporto sulla politica di bilancio 2020sviluppa, approfondendoli e integrandoli con valutazioni su aspetti specifici e analisi settoriali, i contenuti delle audizioni sulla manovra di finanza pubblica svolte dal presidente UPB, Giuseppe Pisauro, presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato l’8 ottobre e il 12 novembre.

 

Nel primo dei tre capitoli nei quali si articola il Rapporto si esamina il quadro macroeconomico, tenendo conto anche dei più recenti indicatori congiunturali. I modelli UPB di breve periodo indicano per lo scorcio finale dell’anno una variazione congiunturale del PIL appena positiva, sebbene con rischi al ribasso; nel complesso del 2019 il PIL aumenterebbe dello 0,2 per cento, marginalmente al di sopra delle attese della Nota di aggiornamento del DEF (NADEF) 2019. Per quanto riguarda il prossimo anno, lo scenario programmatico contenuto nella NADEE e successivamente recepito dal Documento programmatico di bilancio (DPB) prevede una crescita per l’economia italiana dello 0,6 per cento, valore che risulta allineato alle stime del panel UPB e che pertanto è stato validato positivamente.

 

Come di consueto l’UPB ha quantificato gli effetti dei provvedimenti inclusi nella manovra (DL 124/2019 e DDL di bilancio per il 2020) sull’attività economica, utilizzando il modello econometrico MeMo-It. Nel complesso delle valutazioni effettuate, l’impulso della manovra alla crescita del PIL nel 2020 è pari a circa 0,2 punti percentuali, analogamente a quanto stimato dal MEF nel DPB.

 

Il secondo capitolo è dedicato a una visione d’assieme del quadro di finanza pubblica e a una valutazione della coerenza con le regole di bilancio. In primo luogo, i conti tendenziali mostrano un miglioramento rispetto al DEF in buona parte grazie ai risparmi previsti sulla spesa per interessi (crescenti nel tempo e pari, secondo la valutazione del Governo, a 17,6 miliardi nel 2022) connessi con la riduzione effettiva e attesa dei tassi di interesse. Per la sola quota relativa ai titoli di Stato, secondo una stima del modello UPB, i risparmi di spesa per interessi nel quadro programmatico sarebbero pari a 15,6 miliardi nel 2022 dei quali circa la metà dovuti al calo dello spread avvenuto tra marzo e settembre.

 

La manovra comporta un profilo di riduzione del deficit programmatico solo a partire dal 2021. Questa riduzione sconta peraltro una forte presenza delle clausole di salvaguardia che, disattivate solo per un terzo nel 2021 e un decimo nel 2022, sono ancora presenti nei conti per importi pari rispettivamente all’1,0 e all’1,3 per cento del PIL (in valore assoluto 19 miliardi nel 2021 e 25,8 nel 2022). Al netto di tali entrate, in un esercizio puramente meccanico, il deficit sarebbe pari al 2,8 per cento del PIL nel 2021 e al 2,7 nel 2022 e l’avanzo primario scenderebbe rispettivamente allo 0,3 e allo 0,2 per cento del PIL. Sempre in un esercizio meccanico, in termini di rapporto tra il debito e il PIL, tali clausole consentono più della metà della riduzione programmata nel 2021 e nel 2022 (rispettivamente circa il 56 e il 65 per cento). Né la NADEF né il DPB forniscono indicazioni programmatiche circa il futuro trattamento delle clausole di salvaguardia.

 

Successivamente alla pubblicazione del DPB 2020, la Commissione europea ha chiesto al Ministro dell’Economia e delle finanze chiarimenti circa la manovra per il 2020. Il Ministro nella sua risposta ha sottolineato che l’intonazione della politica di bilancio è sostanzialmente neutra nel 2020, alla luce della necessità di riavviare la crescita economica e di iniziare la transizione verso un modello di crescita inclusivo e sostenibile per l’ambiente. Nella valutazione sul DPB 2020 la Commissione, in base alle proprie stime, rileva il rischio di deviazione significativa della regola sulla spesa nel 2019, sia in termini annuali, sia in termini biennali. Per quanto riguarda il saldo strutturale, vi è il rischio di deviazione, sebbene non significativa, in termini annuali e di deviazione significativa in termini biennali. Per il 2020, vi è il rischio di deviazioni significative in ambedue le regole. Per quanto riguarda la regola numerica di riduzione del rapporto tra il debito e il PIL, secondo la Commissione essa non sarà rispettata né quest’anno, né nel 2020. Nel complesso, la Commissione europea ritiene che il DPB 2020 sia a rischio di mancato rispetto del Patto di stabilità e crescita e pertanto invita il Governo ad adottare le misure necessarie, nell’ambito delle procedure di bilancio nazionali, affinché le regole stesse siano effettivamente rispettate.

 

Il terzo capitolo contiene una serie di approfondimenti diretti a esaminare gli aspetti più significativi delle principali misure contenute nella manovra e dei loro effetti su categorie e settori interessati. L’attenzione è focalizzata in particolare sugli interventi relativi: alla tassazione delle imprese, con particolare riferimento alla abolizione della mini Ires, la reintroduzione dell’ACE e la proroga delle maggiorazioni degli ammortamenti e ai complessivi effetti redistributivi che ne derivano; alle modifiche apportate al regime forfettario previsto per i lavoratori autonomi e le imprese individuali; alla revisione delle tax expenditures (limitazione della detraibilità di alcune detrazioni Irpef oltre i 120.000 euro e riduzione permanente al 10 per cento della cedolare secca sugli affitti a canone concordato); al pacchetto di misure per il contrasto dell’evasione. In quest’ambito, le iniziative per favorire l’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili vengono analizzate alla luce di alcuni tentativi condotti da altri paesi in questo campo e di valutazioni ad hoc sui risultati che ne sono derivati; approfondimenti specifici sono dedicati all’evasione dei lavoratori autonomi e all’utilizzo del contante da parte delle famiglie italiane. Un focus è inoltre riservato all’introduzione della cosiddetta plastic tax (imposta sulla plastica), mettendone in risalto l’impatto macroeconomico e le potenziali criticità anche in relazione allo stato attuale della normativa europea in materia e delle esperienze dei paesi nei quali iniziative analoghe sono state attuate.

 

Quanto alle misure sul versante delle spese, vengono approfonditi gli interventi in materia di famiglie e disabilità (bonus bebè, congedo parentale, Fondo per l’assegno universale, contributi per le rette degli asili nido), le maggiori novità in materia pensionistica alla luce anche delle nuove e più recenti valutazioni relative ai risparmi di spesa connessi a “Quota 100” per l’anno in corso e per il biennio 2020-21, le norme per la sanità, la finanza locale e per gli investimenti pubblici.

 

Di seguito vengono riportati alcuni dei principali risultati degli approfondimenti contenuti nel Rapporto.

 

Tassazione sulle società di capitali – Utilizzando il modello di microsimulazione MEDITA, sono stati quantificati gli effetti redistributivi sia sulle società non finanziarie sia su quelle finanziarie delle modifiche apportate al regime Ires (abolizione della mini Ires e reintroduzione dell’ACE) e della proroga del super e dell’iper ammortamento. Dalle simulazioni emerge che per il totale delle società non finanziarie si registra un significativo aggravio di imposta pari all’1,1 per cento del gettito. L’aggravio derivante dall’abolizione dell’aliquota agevolata, amplificato dalla riduzione della aliquota nozionale dell’ACE, è solo in parte compensato dai benefici della proroga del super e dell’iper ammortamento. L’aumento del prelievo è in media maggiore per le società non finanziarie singole medio-grandi (intorno all’1,3 per cento del gettito), nonostante siano quelle che ricevono maggiori benefici dalla proroga del super e dell’iper ammortamento (tra lo 0,7 e lo 0,8 per cento del gettito). Simmetricamente, le società singole di minori dimensioni godono del beneficio maggiore (tra lo 0,4 e lo 0,8 per cento del gettito) essenzialmente per effetto dell’impatto positivo dell’ACE (dell’ordine del 3 per cento del gettito). Infine, le società del settore finanziario, che erano escluse dal regime agevolato sugli utili non distribuiti, beneficiano integralmente della reintroduzione dell’ACE sebbene mitigata dalla minore aliquota nozionale sul capitale (6,7 per cento del gettito).

 

Tassazione delle imprese individuali e dei lavoratori autonomi – Nonostante le modifiche apportate con il DDL di bilancio, resta molto ampio, a parità di reddito, il differenziale fiscale tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Persiste inoltre il contrasto con lo spirito originario sottostante l’introduzione dei primi regimi forfettari, che puntava a semplificare la gestione amministrativa e a ridurre il carico fiscale esclusivamente per le micro imprese.

 

Tax expendituresIl DDL di bilancio interviene limitando o escludendo, per i contribuenti con reddito elevato, la detraibilità della maggior parte delle spese detraibili al 19 per cento e di quelle per le erogazioni liberali in favore di Onlus. Per il complesso dei contribuenti le spese interessate dalla misura (ossia gli importi sui quali calcolare la detrazione) ammontano a 23,5 miliardi; a queste corrispondono detrazioni (risparmi di imposta) di circa 4,5 miliardi, l’11,4 per cento del totale delle tax expenditures relative all’Irpef, pari a 41,5 miliardi nel 2020. Il criterio di selettività adottato dalla norma coinvolge una platea di contribuenti a reddito elevato estremamente ridotta da cui consegue che l’intervento finisce per non incidere significativamente sull’entità complessiva delle detrazioni. Infatti, i soggetti con reddito superiore a 240.000 euro costituiscono soltanto lo 0,1 per cento del totale dei contribuenti, mentre quelli con reddito compreso tra 120.000 e 240.000 euro sono lo 0,6 per cento. Ne deriva che la quota complessiva delle detrazioni coinvolte nella riforma ammonta a solo il 2,9 per cento del totale, nonostante che la quota di contribuenti in queste fasce di reddito che usufruiscono delle detrazioni sia quasi doppia rispetto a quella per redditi inferiori a 120.000 euro (oltre 80 per cento, contro il 48) e che l’importo medio della detrazione sia molto più elevato (doppio se non triplo rispetto a quello dei contribuenti con reddito inferiore a 120.000 euro).

 

Cedolare secca sugli affitti a canone concordato – Stime condotte con il modello di microsimulazione dell’UPB alimentato con un campione rappresentativo delle dichiarazioni Irpef 2015 indicano che hanno beneficiato di questa agevolazione prevalentemente i contribuenti a reddito più elevato: oltre la metà dell’imponibile della cedolare secca infatti è percepito dal 10 per cento dei contribuenti più ricchi. Tale strumento potrebbe risultare tuttavia meno regressivo qualora parte del risparmio di imposta si fosse riversato sui canoni di locazione come sembrerebbe apparire da alcune analisi preliminari.

 

Contrasto dell’evasione – Nella manovra di bilancio si stanziano risorse rilevanti in un apposito fondo destinato a finanziare il riconoscimento di rimborsi in denaro nel caso di pagamenti con utilizzo di mezzi tracciabili. Il costo e l’efficacia dell’incentivo dipenderanno in maniera cruciale dal modo in cui verrà disegnato lo strumento oltre che da un’effettiva modifica dei comportamenti individuali. Va innanzitutto considerato che buona parte di tali rimborsi se non adeguatamente disegnati andrà a beneficiare individui che già utilizzano in misura rilevante forme di pagamento tracciabili senza produrre effetti in termini di riduzione dell’evasione. Per rendere lo strumento efficace sarebbe inoltre opportuno convogliare i rimborsi verso gli acquisti effettuati in settori merceologici in cui sono più presenti fenomeni evasivi.

 

Plastic tax La quantificazione del gettito nelle stime ufficiali, costante negli anni, non incorpora gli effetti di possibili riduzioni della produzione e del consumo di imballaggi in plastica dovuti al disincentivo prodotto dalla norma, risultando probabilmente sovrastimata almeno per gli anni successivi al 2021. Si sottolinea inoltre la necessità di una riflessione sull’opportunità di introdurre l’imposta in maniera più graduale, partendo da un livello più basso e progressivamente crescente nel tempo; ciò permetterebbe alle imprese del settore della plastica di adattarsi per tempo al nuovo schema di tassazione e, plausibilmente, di accogliere più favorevolmente la misura. Viene infine presentata una valutazione degli effetti macroeconomici della tassa sugli imballaggi in plastica attraverso il modello econometrico MeMo-It. L’impatto sulla crescita del provvedimento è stimato in una flessione di un decimo di punto percentuale del PIL, in termini cumulati nel periodo 2020-22. La minore espansione del prodotto lordo risentirebbe in massima parte della più sostenuta dinamica dei deflatori dal lato della domanda (la variazione del deflatore dei consumi privati aumenterebbe, in termini cumulati, di poco meno di mezzo punto percentuale nel triennio). La più contenuta crescita reale sarebbe soprattutto dovuta a una dinamica più bassa della spesa per consumi privati e sconterebbe anche un lieve contributo negativo delle esportazioni nette. La simulazione incorpora una traslazione parziale delle maggiori accise sui prezzi finali: essa sarebbe pari a circa il 50 per cento nel primo anno dell’introduzione della tassa e salirebbe fino al 70 per cento nel terzo. In sostanza la simulazione è coerente con un meccanismo di trasmissione dell’imposta in cui la maggior parte degli effetti si manifesti per il tramite dell’aumento dei prezzi.

 

Pensioni – Tenendo conto delle ulteriori minori spese per “Quota 100” iscritte nei prospetti finanziari del DDL di bilancio, le stime ufficiali della maggiore spesa derivante da questo canale di pensionamento sono state complessivamente ridotte, da luglio a oggi, di 1,2 miliardi nel 2019, 2,0 nel 2020, 1,3 nel 2021 e 0,5 nel 2022, portandole a 2,6 miliardi nel 2019, 5,9 nel 2020, 7,0 nel 2021 e 7,4 nel 2022. L’UPB ha aggiornato le proprie stime sulla spesa di “Quota 100” utilizzando i dati pubblicati dall’INPS tra marzo e novembre 2019 e quelli del Rapporto di monitoraggio dell’INPS a tutto il mese di ottobre. Queste stime confermano l’ordine di grandezza delle minori spese attese nel 2019 e nel 2020. Vi è invece una maggiore incertezza per il 2021, anno per il quale si fornisce un intervallo di previsione che dipende congiuntamente dal tasso di rifiuto delle domande che verranno presentate all’INPS e dalla quota di coloro che, per vari motivi (riduzione assegno pensionistico, valore assoluto dell’assegno, aspetti soggettivi e personali, ecc.), pur avendo maturato il diritto a “Quota 100” nell’anno o negli anni precedenti, decideranno di pensionarsi nel 2021 (effetto soglia/discontinuità). A fronte delle minori spese per il 2021 stimate ufficialmente in 1,3 miliardi, l’UPB prevede un intervallo compreso tra 0,9 e 1,2 miliardi. Il menzionato effetto soglia/discontinuità potrebbe essere amplificato se i lavoratori percepissero il rischio di ulteriori modifiche normative che potessero ridurre/cancellare l’accesso a “Quota 100” negli anni successivi al 2021 per chi ne ha maturato i requisiti entro quell’anno o allungare anche marginalmente i tempi per raggiungere i canali di pensionamento ordinari.

 

Investimenti – Una prima valutazione quantitativa della operatività della clausola del 34 per cento, attraverso l’identificazione nel DDL di bilancio delle risorse suscettibili di “territorializzazione” tra quelle destinate alla spesa in conto capitale, porterebbe, con una serie di ipotesi, a individuare un bacino di stanziamenti di competenza vicino ai 9 miliardi, ovvero poco più del 17 per cento del totale delle risorse attribuite alle categorie considerate nell’esercizio svolto (52,2 miliardi). L’applicazione della norma garantirebbe, dunque, che alle regioni meridionali sia destinato almeno il 34 per cento dei 9 miliardi di stanziamenti così individuati, ovvero circa 3 miliardi, una parte dei quali – in base ai dati storici – affluirebbe comunque a tali regioni. Occorre, tuttavia, ricordare che lo stanziamento di risorse nel bilancio dello Stato non è di per sé garanzia di erogazione effettiva, a causa di difficoltà di implementazione dei programmi di spesa da parte delle Amministrazioni, in particolare nelle regioni in oggetto, dove vari indicatori segnalano maggiori problematiche attuative. Il rafforzamento dell’efficienza e dell’efficacia delle Amministrazioni pubbliche in generale, con un’attenzione specifica al Meridione, appare quindi come un elemento ineludibile di un intervento complessivo a favore del Mezzogiorno.